sabato 22 maggio 2010

Ebrezza ed Incanto



Ebbrezza ed Incanto erano le leggi di Bosco Etereo, nella Terra dei Sempre Giovani…

Nebbioline striscianti, cristalli di rugiada, profumato muschio adagiato su alcuni alberi e parte del suolo, fiori dagli ammalianti colori e dalle inebrianti fragranze.

Qua e là luminosi globi erranti tra la flora.
Una soffusa luce di mutevoli colori e sfumature tutto pervadeva.
Una luce quasi palpabile…

Soavi note scivolavano dolci nell’aria. Frammenti d’arpa e di flauto.

Respiri eccitati ma cauti, forzati ad esser più silenziosi possibile.
Il giovane umano rimembrava confusamente il suo arrivo in quel luogo.
Camminava…
Attirato e provocato dalla melodia che risuonava in quel luogo, procedeva lungo un percorso dettato dal suo alterato essere.
Non doveva sforzarsi di pensare sul dove andare, no. Le sue gambe avevano un loro istinto in quel momento, permettendogli così di contemplare indisturbato le meraviglie nelle quali s’imbatteva.

Ed egli ammirava, quasi smarrito nella sublime, incantevole bellezza circostante, laghetti, pozzi e ruscelli dall’acqua cristallina dai fondali ricoperti di luminosi cristalli, alcuni dei quali pulsanti di luce propria.
Alberi nodosi borbottavano tra loro e indistinti sussurri e improvvise risate argentine echeggiavano tutt’intorno.

Occhi animali e d’altro tipo fissavano curiosi il fanciullo.
Non era certo cosa consueta che un umano, visto il degrado raggiunto da tale razza, capitasse in quei luoghi.
Tuttavia, il ragazzo certamente non era un umano qualunque per aver potuto accedere a quel luogo permeato d’incanto con il permesso di qualche misterioso guardiano della soglia.

Nel seguito del suo cammino, altre bizzarre ed incantevoli particolarità vide il ragazzo, tra le quali: singolari funghi ondeggiare insieme secondo un certo ritmo o spostarsi nel terreno, turbini di foglie argentate che lo investirono, portandogli un’euforica voglia di ridere…

Nel momento in cui i turbini sparirono il fanciullo si ritrovò davanti ad una collinetta, ai piedi della quale vi era un accesso confuso tra l’edera.
Vi entrò.

Camminò per breve all’interno del cunicolo illuminato da una fioca luce verde-acqua che irradiava dalle pareti stesse del passaggio.

Poi... bianca luce.
Era giunto all’esterno, in un paesaggio ricoperto di neve.

La caduta di ogni singolo fiocco creava un tenue, leggerissimo suono, simile a quello di un campanellino, che variava in base alla dimensione del candido batuffolo.

L’insieme di quelle sonorità induceva un piacevole rilassamento ed invitava a rimanere…

Non faceva freddo, la temperatura era quella d’inizio autunno.
In cerchio intorno a lui vi era la foresta sempreverde e, aguzzando la vista, si potevano scorgere candide creature sfrecciare tra le fronde imbiancate, smuovendone la neve e lasciandola volteggiante nell’aria brillando di luce propria in una miriade di colori cangianti.

Il cielo nuvoloso era blu cobalto e indaco brillante, screziato di un violetto particolarmente intenso e luminoso.

Di fronte a lui vi era un’altra collinetta con un accesso chiuso da una porta di quercia stagionata…
Il fanciullo era consapevole di dover continuare, poiché quei frammenti di fatate melodie continuavano a richiamarlo.


Fine prima parte... 


Dipinto di Brian Froud

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