E giungerà una Nuova Era.
Verde, fiorita e germogliante.
Dopo la purificazione, una nuova Armonia.
Dopo le Tenebre opprimenti, un'Alba Radiosa.
E i popoli saranno un popolo,
le tradizioni autentiche rifioriranno rinnovate e splendenti,
tutte accomunate da un'Essenza Vera e riconosciuta all'unanimità.
E tornerà l'Età dell'Oro,
la Terra sarà un Giardino radioso ricolmo di abbondanza,
e spesso aurore d'opale si succederanno sopra verdi prati e grandi boschi.
E le Fate torneranno a cantare soavemente tra i fiori e le fronde,
gli Elfi attraverseranno la barriera che divide i mondi, rendendo noti gli accessi al loro Reame,
e ricorderanno al Popolo degli Uomini arcane melodie d'incanto dimenticate da millenni.
Giungerà la Nuova Era,
verde, fiorita e germogliante...
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Ho espresso il mio sentire, che spero non rimanga solo un sogno...
Qui sotto riporto una profezia riguardante la Nuova Era:
"Quando la Terra sarà devastata e gli animali quasi estinti,
giungera` sulla Terra una nuova tribù di popoli di ogni colore, cultura e fede,
e questi, attraverso le loro opere e le loro azioni, renderanno di nuovo verde la Terra.
Essi saranno la tribù dei Guerrieri dell'Arcobaleno."
Antica profezia degli Indiani d'America
"Earth may become on an instant all faery... and earth and air resound with the music of its invisible people... You may see the palace chambers of nature where the wise ones dwell in secret... and know an eternal love is within and around you, pressing upon you and sustaining with infinite tenderness your body, soul and spirit." – A.E.
venerdì 30 luglio 2010
mercoledì 21 luglio 2010
Poesie del chiaroveggente irlandese George William Russell
SU DI UNA COLLINA
Una cara montagna, conosco;
quando mi stendo sul suo verde prato
il mio cuore s'infiamma
e la porta chiude con premura.
Cerco d'incorniciare un pensiero -
ero con te molto tempo fa;
la mia anima è sgorgata dal tuo cuore;
non è così, montagna?
Prendetemi ancora care colline,
aprite a me la porta
dove il magico mormorio trepida
gli atrii non vedo,
gli atrii e le profonde caverne;
anche se talvolta potrei osare
giù per le crepuscolari scale del sonno
per incontrare il reale là.
Su fiammanti ali a volte
siedo come su di un trono
e osservo la grande stella oscillare
lungo la striscia di zaffiro.
Ha ali proprie per volare,
forti come diamante le sue punte,
glorie di bianco e opale,
l'intesa notte sto a guardare.
Fino a quando devo posare
le mie regali vesti
e soffocare in un mondo di grigiore
grigie ombre al mio fianco.
E quando ci rifletto
solo grigi ricordi dimorano,
ma le loro sbiadite labbra raccontano più
di tutto il mondo accanto.
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UN RITORNO
Tornammo impazziti dalla mistica montagna
tutta spumeggiante di rosso e d'oro elfico:
dal cuore delle fontane del crepuscolo
fuochi incantati oscillavano verso le stelle.
Tornammo impazziti: pensammo al domani,
il tintinnìo del ferro dalla città lontana:
non riuscimmo a piangere nel nostro aspro dolore,
ma gioire sotto il calare del sole artico.
martedì 13 luglio 2010
Le Danze
su un’imponente collina,
di cupa bruma al suo apice ricoperta,
infuriano tra la foschia
le arcane danze del Popolo Antico,
lontane da indiscreti sguardi d’umani indegni.
Nei verdi picchi dell’aitante colle,
a tratti rocciosi,
Fate, Folletti, Elfi ed altri
danzano a mezz’aria,
a volte toccando terra,
tra le basse nubi…
In eccezional maniera,
inebriante e sconvolgente bellezza
irradia dagli Elfi.
Le loro risa, i loro gesti, i loro corpi…
Come posson le parole spiegare, illustrare… illuminare?
E giungono le Fanciulle avvolte nei veli,
e vengono gli Uomini avvolti nel lino,
giungono coloro che appresero i segreti d'Altrove,
e per tal ragione benvenuti a danzar
tra le iridescenti nebbie.
E giungono le Fanciulle avvolte nei veli,
e vengono gli Uomini avvolti nel lino,
giungono coloro che appresero i segreti d'Altrove,
e per tal ragione benvenuti a danzar
tra le iridescenti nebbie.
E in quel turbinio di canti, movimenti ed armonia,
che cela in sé il potere della tempesta e la soavità d’un giglio,
giocosi Folletti e gaie Fate
si manifestano variopinti e vibranti,
dando origine a pallide sfumature nella nebbia...
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“Incappucciate e velate, con i capelli color della notte,
le Fate porteranno ciò che nessun profeta immaginò”
Lord Dunsany
Immagine tratta dalla copertina del libro: "La figlia del Re degli Elfi" di Lord Dunsany, Edizioni della Terra di Mezzo
Immagine tratta dalla copertina del libro: "La figlia del Re degli Elfi" di Lord Dunsany, Edizioni della Terra di Mezzo
Due brevi storie magiche di Norvegia
Le storie che seguono le ho trovate tempo fa, non ricordo a quale indirizzo...
Si narra che, molti millenni or sono, su una delle Montagne Norvegesi, venne alla luce la nuovo-genita degli Dei della Foresta Sempreverde.
La fanciulla era di una bellezza meravigliosa e ciò che amava di più era danzare ininterrottamente in prossimità delle sue amatissime cascate nelle quali, molto spesso, si nascondeva se avvertiva la presenza di esseri umani nelle vicinanze.
Ma un giorno, da lontano, cominciò ad udire lo scalpiccio di un cavallo e lentamente vide avvicinarsi un bianco destriero con la criniera argentata, condotto da un cavaliere alto e fiero dai lunghi capelli color del tramonto.
La creatura fatata si innamorò perdutamente di lui e si narra che condusse il suo amato nel suo regno rendendolo immortale ed eterno come lei...
Si narra che è ancora possibile vederli, nelle notti di Luna piena, in prossimità della cascata mentre si giurano amore eterno.
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Molto, moltissimo tempo fa, in un lontano paese della Norvegia, viveva un pastore che, imprudentemente, un giorno si avventurò nella tormenta di neve per ritrovare una delle sue amate renne.
Purtroppo il povero, anziano uomo perse la strada e, a mano a mano che avanzava nella tempesta nevosa il freddo penetrava sempre di più nelle sue vesti, facendolo assopire lentamente.
Nel giro di poche ore il pastore cadde nella fredda neve, addormentato.
Dopo poco, si risvegliò su di un caldo prato di fiori profumati ma, mentre intorno a lui la tempesta continuava, il suo corpo era caldo e riparato da una forte luce che era di fronte a lui...
L’uomo alzò lo sguardo e vide due Esseri meravigliosi, due Elfi alti e regali, vestiti di bianco e dai lunghissimi capelli argentati.
Erano sicuramente un Re e una Regina, visti i loro indumenti meravigliosamente elaborati e le corone di cristallo sui loro capi. Cosa stupefacente fu che, accanto alla splendida Regina vi era la sua amata renna, agghindata con mantelli color verde e argento e superbe briglie ingioiellate.
L’uomo, dopo aver ammirato questa scena soprannaturale si addormentò, risvegliandosi il giorno seguente nella sua umile casetta ma con accanto a se la sua nobile renna, vestita come una Regina.
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Si narra che, molti millenni or sono, su una delle Montagne Norvegesi, venne alla luce la nuovo-genita degli Dei della Foresta Sempreverde.
La fanciulla era di una bellezza meravigliosa e ciò che amava di più era danzare ininterrottamente in prossimità delle sue amatissime cascate nelle quali, molto spesso, si nascondeva se avvertiva la presenza di esseri umani nelle vicinanze.
Ma un giorno, da lontano, cominciò ad udire lo scalpiccio di un cavallo e lentamente vide avvicinarsi un bianco destriero con la criniera argentata, condotto da un cavaliere alto e fiero dai lunghi capelli color del tramonto.
La creatura fatata si innamorò perdutamente di lui e si narra che condusse il suo amato nel suo regno rendendolo immortale ed eterno come lei...
Si narra che è ancora possibile vederli, nelle notti di Luna piena, in prossimità della cascata mentre si giurano amore eterno.
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Molto, moltissimo tempo fa, in un lontano paese della Norvegia, viveva un pastore che, imprudentemente, un giorno si avventurò nella tormenta di neve per ritrovare una delle sue amate renne.
Purtroppo il povero, anziano uomo perse la strada e, a mano a mano che avanzava nella tempesta nevosa il freddo penetrava sempre di più nelle sue vesti, facendolo assopire lentamente.
Nel giro di poche ore il pastore cadde nella fredda neve, addormentato.
Dopo poco, si risvegliò su di un caldo prato di fiori profumati ma, mentre intorno a lui la tempesta continuava, il suo corpo era caldo e riparato da una forte luce che era di fronte a lui...
L’uomo alzò lo sguardo e vide due Esseri meravigliosi, due Elfi alti e regali, vestiti di bianco e dai lunghissimi capelli argentati.
Erano sicuramente un Re e una Regina, visti i loro indumenti meravigliosamente elaborati e le corone di cristallo sui loro capi. Cosa stupefacente fu che, accanto alla splendida Regina vi era la sua amata renna, agghindata con mantelli color verde e argento e superbe briglie ingioiellate.
L’uomo, dopo aver ammirato questa scena soprannaturale si addormentò, risvegliandosi il giorno seguente nella sua umile casetta ma con accanto a se la sua nobile renna, vestita come una Regina.
Echi d'antico Splendore
Tenui ma intensi fulgori
Tra le nuvole di pioggia nel cielo.
Scintillii dorati sui candidi picchi
Delle antiche dimore dei Nani.
Realta’ incantate
Invisibili a occhi vuoti,
echi d’antico Splendore,
d’antichi mondi,
quando gaiamente gli Dèi
con gli uomini allor giocavano.
Ma ciò che fu nuovamente sarà,
nel nome di Colei dà la Vita,
Luce Perpetua e Signora d’Armonia…
giovedì 8 luglio 2010
Un singolare incontro con un ragazzo dagli occhi luminosi
Seduto al parco, il ragazzo contemplava il cielo nuvoloso, trafitto da alcuni raggi di sole, e le rondini veloci cantare entusiaste la vita.
Richiamavano decisamente l’idea di libertà…
“Ciao! Scusa mi faresti fare una telefonata? E’ urgente!”.
Contemplazione interrotta.
Era una ragazza di circa 18 anni, capelli tinti di rosso, alcuni tatuaggi e modo di vestire “alternativo”.
“Certo” disse lui, dandole 1 euro.
“Grazie mille, faccio veloce!”
Dopo una rapida conversazione alla vicina cabina telefonica la ragazza tornò dal giovane – vestito con una camicia in stile medievale viola e dei pantaloni stretti di lino di colore indaco - notando un po’ meglio le sue caratteristiche: capelli lunghi, neri, ondulati e occhi azzurri… un po’ strani. Sembrava quasi che brillassero di luce propria.
“Grazie ancora, troppo gentile!” fece lei sedendosi accanto a lui.
“Di nulla”
“Piacere, Valeria”
“Ferdiad, piacere”
“Caspita, che strano nome! Bello però! E’ americano o inglese?”
“E’ mitologico” fece lui.
“Ah… Comunque non è facile trovare qualcuno disposto a darti qualche spicciolo per telefonare o a prestarti il cellulare... Sei di qua?”
“Sì”
“Strano, non ti ho mai visto…”
“Forse, invece, mi avrai notato anni fa, quando vestivo anch’io simile a te. Ma erano altri tempi…”
“Ora che mi ci fai pensare credo ricordarti allora... a quei tempi avevi un viso triste, mi pare... molto pensieroso, ecco.
Però! Hai proprio cambiato filosofia eh?”
Però! Hai proprio cambiato filosofia eh?”
“Si, i veri cambiamenti son quelli che originano dal profondo…” rispose lui, e disse tali parole poiché intuiva che il termine ‘filosofia’ pronunciato da Valeria sostituisse invece, molto probabilmente inconsciamente, il significato di ‘etichetta’.
E, mentre Ferdiad le rispondeva, lei non poté fare a meno di prestare particolare attenzione a qualcosa che la ‘perforava’ proveniente da quegli occhi chiari.
“Capito. Quindi a cosa ti interessi? E che musica ascolti?”
“Diciamo che mi interesso all’antica cultura europea e al folklore; studio le differenze, con le loro cause, tra la mentalità dei popoli odierni e quelli antichi. Quanto alla musica, mi piace molto l’arpa celtica”. E lì poteva limitarsi nell’esporre i suoi ‘interessi’...
Lei annuiva facendo smorfie stupite.
“Trovo sia molto superficiale e vuoto – continuò lui - darsi delle limitanti etichette (cosa che ormai è una prassi). Lo scenario quotidiano di questo sistema odierno può essere benissimo rappresentato da un supermercato: lì tutti i prodotti (le persone) sono divisi in settori e in questi non si differenziano notevolmente l’uno dall’altro (etichetta, ruolo e modo di vestire) se non per via di qualche variante del prodotto…
E tu? Di che t’interessi?”
“Bahh… nulla di particolare: ascolto tendenzialmente rock, metal e simili, ma posso ascoltare qualsiasi genere se il brano è bello. Comunque è vero il discorso delle etichette, io suono in un gruppo punk stile '77 ma non mi definisco.”
“E cosa esprimete nel tuo gruppo? Quali messaggi?”
“Eh, che siamo incazzati perchééé….. non ci piace come vanno le cose in generale”
“Infatti di questi tempi le cose vanno proprio male”
“Certo! C’è una politica di merda, tendenze stupide, un’economia sbagliata ecc…possiamo solo fare rumore per farci sentire, per cercare di cambiare le cose”
“Solo?” domandò lui.
“Beh, si, fare manifestazioni, suonare, graffiti e cose così, insomma… sperando di essere ascoltati, visto com'é la gente.
D’altronde l’uomo è di natura meschino ed egoista…”
Sorridendo lievemente, Ferdiad indirizzò al cielo il suo sguardo azzurro.
“Le vedi quelle vivaci rondini nel cielo? Vivono conformi alla loro natura e sono eleganti e belle. Non rendono conto a nessuno di ciò che fanno. Sono libere.
L’essere umano, Valeria, non è più naturale, non segue più le Antiche Leggi di armonia della Natura, della Grande Madre (come erano soliti gli antichi chiamare quell’entità divina, madre della Terra e di tutti i suoi abitanti, materiali o meno) e quindi ne deriva una disarmonia e uno squilibrio nella vita umana sempre peggiori che stanno portando la nostra specie sempre più vicina al baratro.
Ciò è avvenuto gradualmente con il sopraggiungere dei tempi oscuri, con l’avvento della religione attuale e, successivamente, del materialismo.
Gli antichi, comunque, già conoscevano la piega che avrebbero assunto i tempi a venire fino ad oggi.
Questo distacco dalla Natura sta trasformando l’uomo in un essere sempre più grigio e artificiale.”
Dopo alcuni attimi di silenzio che Ferdiad le aveva lasciato per permetterle di “digerire” quanto appena detto, Valeria, con aria scherzosa, disse: “Non dirmi che sei uno di quei new-agers incalliti!”
“No, non sono un new-ager.” Rispose lui sorridendo.
“Quello che voglio dire – riprese Ferdiad – è che se noi viviamo nella bruttura, nella disarmonia, nella superficialità e nello squallore dobbiamo cercare di essere l’opposto.
Se viviamo in una landa deserta e pietrosa non possiamo illuderci di poterla estinguere tirandole addosso con veemenza altre pietre, perché, per quanto potremmo giustificare la nostra azione spiegando che le pietre scagliate sono di un materiale diverso da quelle che compongono la pietraia che si stende davanti a noi, sempre pietre sono. E certamente anche nella stessa pietraia ci saranno alcune varianti di sassi, ma ciò non muta il fatto che sempre una deserta landa pietrosa rimane…
Quello che invece possiamo fare per contrastare sempre di più quest'arida condizione è irrigare il terreno e renderlo sempre più verde e vivo!”
Valeria annuiva per educazione ma non sapeva cosa rispondere dato che aveva compreso come il discorso di Ferdiad andasse a minare quelle che sono le idee di molti “alternativi”, di varie correnti, riguardanti il contrastare il sistema.
“Beh… si… direi che è così...!” fece poi lei.
Seguendo velocemente il ragionamento del giovane si trovava costretta a vedere le cose sotto un punto di vista diverso da quello che finora l’aveva caratterizzata: musica (o rumore) disarmonici, appartenenza a un’etichetta, a un ruolo che dettava modi di comportarsi e di pensare già preconfezionati ma illusoriamente originali, e quindi tanta ipocrisia, dato che tali modi di essere non sono nulla di esterno al sistema ma bensì una sua branca.
Favorire il mercato musicale, seguire falsi idoli inconcludenti, concentrazione sull’apparenza, sostanze stupefacenti, che ad altro non servono se non come ulteriore distrazione dal Grande Vuoto che caratterizza la maggioranza degli individui, e altro… sarebbe ciò a costituire il diverso?
Una sgradevole domanda tentava di farsi strada nella consapevolezza di Valeria: “Non sono quindi differente, alternativa?
Sono come gli altri?
Sono parte della pietraia?
Sono come gli altri?
Sono parte della pietraia?
Cosa sono… io?”
Silenzio imbarazzante.
Tensione.
Non avrebbe saputo come proseguire quel dialogo…
Improvvisamente controllò l’ora.
“Cavolo che tardi! Devo proprio andare perché sono in ritardo. Devo pranzare con degli amici e non credo di riuscire ad essere puntuale!” Disse lei.
“Tranquilla, vai pure. Buon proseguimento!”
“Mi spiace andarmene così, magari ci si rivede, eh? Ciao!”
“Ciao!”
Passo veloce.
Quegli strani occhi le tornavano alla mente con insistenza.
Si sentiva strana, quasi frammentata dentro…
Ben presto si fece strada una sensazione diversa. Iniziava a sentirsi seccata.
Ma chi si credeva di essere quel tipo stravagante che si dilettava nella sua noiosissima eloquenza?
Come si permetteva di criticare il suo mondo?
Era solo un new-ager gasato che non aveva nulla di meglio da fare che mettersi in mostra con un’aria fastidiosamente saccente!
Eppure, nel suo profondo… non era del tutto convinta di quello che pensava…
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Valeria arrivò all’appuntamento con mezz’ora di anticipo.
Quando la ragazza ‘alternativa’ se fu andata, Ferdiad, calmo come un placido lago e con un lieve sorriso, si alzò e s’incamminò verso le colline boscose fuori dal paese.
Strada facendo un’anziana donna si impressionò nel vedere come gli occhi uno strano ragazzo, vestito in modo antico, brillassero intensamente di una strana luce azzurro ghiaccio…
Dopo essersi girata verso di lui per osservarlo ancora qualche attimo mentre proseguiva verso i boschi, si fece il segno della croce.
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