lunedì 7 febbraio 2011

ROSA ALCHEMICA E IL 'RITORNO DEGLI IMMORTALI' (prima parte)



Nel presente scritto esporrò riflessioni personali riguardo una futura rinascita della civiltà e del mondo riallacciandomi ad alcuni elementi del passato (o di quello che chiamiato tale...), commentando alcuni brani del libro "Rosa Alchemica" di William Butler Yeats e citando altre opere.
Il libro citato si divide in tre scritti:  "Rosa Alchemica", "Le Tavole della Legge" e "L'Adorazione dei Magi". Nei testi viene esposta la storia di un uomo che racconta in prima persona le sue esperienze legate alla spiritualità vissute in differenti fasi...

Prima di iniziare a commentare vorrei precisare che, secondo me, Yeats (adepto all'Ordine Ermetico della Golden Dawn - "Alba Dorata") ha inserito nella storia i suoi messaggi, probabilmente basati anche sulle sue esperienze iniziatiche e posteriori, con un filtro: il grande contrasto tra le storie umane (caduche), delle persone storiche, e le esperienze sacre delle realtà superiori. Una tecnica ordita "per despistare da certe chiavi di accesso a un piano se possibile più cifrato", come dice Mauro Maggio nella nota introduttiva della versione italiana dell'opera.
Infatti il tempio dell'Ordine della Rosa Alchimistica verrà distrutto da cattolici furibondi, il protagonista, spaventato, si convertirà al cattolicesimo (senza tuttavia sfuggire a percezioni e visioni, nel corso della storia, dovute al fatto che durante la sua iniziazione sia "stato tra cose eterne") e un cristiano, Owen Aherne - mistico esoterico che conoscerà il concetto di Dio più vicino alla Verità (tanto lontana dalla versione ufficiale) e che contesterà, tramite un testo occulto, tutti i 10 comandamenti-, cadrà in preda di paura e disperazione dovute al "peso" del suo sapere.
Nel terzo libro il protagonista non crederà a nulla di ciò che gli verrà rivelato da tre strani anziani che gli annunceranno particolari avvenimenti futuri.

"Al di là del modulo narrativo, infatti, palesemente ambiguo e con continui ammiccamenti tanto al paganesimo quanto all'ortodossia, sembra che egli si identifichi più con i suoi personaggi folli e visionari che con la timorosa reverenza dell'io narrante".   M. M.

Di seguito riporterò dal libro i brani che riterrò più interessanti in relazione all'argomento trattato in questo articolo.

***


ROSA  ALCHEMICA

"O, benedetto e felice chi,
conoscendo i misteri degli Dèi,
santifica la propria vita,
e purifica la propria anima,
celebrando orge sulle montagne
e sante purificazioni"
                                     Euripide

I

Così ha inizio il libro: con una citazione che di certo non s'addice a un buon cattolico!
La storia, ambientata in Irlanda, si apre con la descrizione di come sia attualmente strutturata la vita del protagonista: interessato solamente alla sua grande passione, l'Alchimia.
Tuttavia, non si rapporta ad essa con la serietà necessaria o con il giusto approccio, e non ha ottenuto gli strabilianti risultati trasformatori che si dovrebbero conseguire con una lunga ed accurata pratica.
E mentre si trova nella sua stanza segreta a riflettere sulla sua condizione attuale e sulle sue fantasie
riceve l'inaspettata visita di un uomo che quasi irrompe in casa sua: Michael Robartes.

II

Quest'ultimo è un iniziato e fondatore di un ordine ermetico "della Rosa Alchimistica".
Probabilmente conscio di una possibile predispozione del protagonista a far parte del suo ordine ed entrare in contatto con la realtà spirituale, Robartes invita il protagonista ad entrare nel suo circolo esoterico, con conseguente rifiuto.
Dopo varie, forti tensioni Robartes farà uso del suo potere personale inducendo nel protagonista visioni che lo metteranno in contatto con certe realtà spirituali.
Mentre l'uomo continua a parlare e ad emettere strani suoni il protagonista verrà drammaticamente iniziato tramite la disgregazione del suo io quotidiano.
Al suo risveglio, il protagonista acconsentirà a seguirlo nel suo tempio sperduto sulle coste dell'Atlantico...

Riporto ora alcune parti del discorso che Robartes fa al protagonista, sotto l'influenza del suo potere, durante questo secondo capitoletto.

"Cercare la mistica unione con le moltitudini che governano il tempo e il mondo."
Come verrà confermato più avanti, viene tenuta in alta considerazione l'idea di raggiungere certi livelli evolutivi grazie alla catalisi con le grandi divinità che han preso parte alla creazione del mondo.
Plotino stesso affermava che "è agli Dèi che bisogna farsi simili, non agli uomini dabbene".
Certamente un cammino con un simile obbiettivo presupporrebbe, ammesso che ci sia la determinazione, la forza e la fortuna necessarie, un radicale cambiamento nel nostro modo di vedere e concepire il mondo.
L'Alchimia è una delle Vie che, seguendo (e raccomandando di seguire) le orme della Natura, si ripropone un trascendimento dell'umana condizione.
Riguardo a tale 'dottrina' consiglio vivamente l'Opera: "Poemetto Alchemico" a cura di Davide Melzi, Edizioni della Terra di Mezzo.


"I più credono che l'umanità abbia fabbricato le divinità, e che le possa disfare a piacere; ma noi, che le abbiamo viste passare in armature sfolgoranti e in morbide tuniche, e le abbiamo distintamente sentite parlare con voce chiara mentre giacevamo in estasi come morti, noi sappiamo che sono loro da sempre che disfano e fanno l'umanità, che altro non è davvero se non un fremito delle loro labbra"

Effettivamente, tra le grandi pecche che gravano sul genere umano vi sono l'opportunismo e la convizione antropocentrica di essere il centro di tutto.
Solo perché le figure degli Dèi sono state accantonate dall'umana vita quotidiana e sostituite da religioni e credenze postume con conseguenti moralismi, regole e perbenismi bigotti, rozzi ed assurdi, e successivamente anche da una visione materialista ed arida, non significa che l'esistenza di entità superiori debba  averne subito il benché minimo contraccolpo!
Certo, può apparire, la mia, una frase "di fede", ma il messaggio della citazione sopra riportata è chiaro: non possiamo arrogarci la presunzione di pensare d'esser in grado di poter "fabbricare" entità  divine a nostro piacimento (a parte le invenzioni a fini politici ed economici...) semplicemente in relazione a cosa vogliamo credere. Semmai sono entità superiori che possono detenere capacità creative di certe livelli.
In altre parole, credere di annullare l'esistenza di certe realtà semplicemente perché "non ci crediamo più" è un'idea estremamente ridicola e sciocca!
Dovremmo metterci invece il cuore in pace ed accettare come possibile l'ipotesi che, nella condizione in cui ci troviamo, siamo facili pedine dei tempi...

D'altronde, dagli antichi esponenti pagani della spiritualità un'idea del genere sarebbe potuta essere stata, oltre che derisa, presa come un'atto di enorme e grave presunzione.

Tra l'altro, riguardo al potere superiore e all'essenza di forze superiori è riportato da più tradizioni come fosse diffusa la concezione di tre divinità femminili primarie che tessevano la trama della vita di ogni essere vivente.

Ma non si trattava di un destino da loro deciso, bensì di un fato "determinato" e "determinabile". Ovvero, il "determinato" si riferisce al karma accumulato con le azioni e il modo di vivere dell'individuo, che verrebbe semplicemente messo in atto dall'azione di queste "Sorelle del Wyrd", le quali tesserebbero seguendo le informazioni che pervengono loro.
Il "determinabile" si riferisce, come suggerisce la parola, al libero arbitrio, a ciò che ancora dev'essere compiuto e che rientrerebbe quindi nella nostra sfera di decisione.

"Magic, Fate and History", p. 50: «Un altro aspetto intrinseco della visione
magica del mondo è l’idea che l’uomo, gli Dèi e tutti gli altri fenomeni sono correlati e collegati da una rete di empatia»

Infatti è da notare come, tra vari popoli antichi, fosse diffusa questa concezione del Tutto come di un insieme armonico di fibre intrecciate tra loro ed onnipervadenti. Una condizione alla quale facevano parte anche gli Dèi (seppur a livelli differenti anche in base al "tipo" di divinità).

Riporto, in connessione a quanto detto, un brano dal libro di Brian Bates "La Sapienza di Avalon":

"Mutare i nostri schemi di vita

Per i popoli tribali dell’antica Europa la vita era un processo di complessa interazione tra ciò che è libero e ciò che è stabilito.
Lo svolgimento della trama della vita era soggetto agli interventi degli sciamani e le immagini della filatura e della tessitura suggeriscono che il mutamento della nostra vita e di noi stessi veniva interpretato non come un cambiamento del nostro «programma di vita» (come si usa dire oggi con terminologia tratta dall’istruzione manageriale e dalla psicologia aziendale), ma come un mutamento del disegno della nostra vita: mutano la forma, il colore, la consistenza, lo schema, il tema e così via.
Queste immagini per designare il processo di mutamento personale riconoscono l’integrità di un disegno già «tessuto»; ossia lo schema complessivo dei fili può essere adattato, sviluppato, risistemato, purché ci si attenga al terna fondamentale da cui ha preso origine.
Perciò, se si usa la metafora della tessitura in base alla quale un cambiamento di vita è visto come un cambiamento nello svolgimento dello schema, ne consegue che lo svolgimento di un nuovo schema di vita deve rispettare il «disegno» originario e non può interromperlo bruscamente e interamente, come invece avviene quando si inserisce un nuovo programma in un computer.
Nella metafora della tessitura lo svolgimento di un nuovo schema conserva l’integrità e la robustezza dello schema sviluppato in precedenza, ma assume una nuova direzione e crea mutamenti emozionanti in armonia con gli sviluppi precedenti; lo schema può anche modificare e riprendere temi precedenti e può esprimerli in modi molto diversi dal passato. Perciò il processo di mutamento psicologico, visto attraverso le immagini dei nostri antenati, ha una connotazione organica ed estetica ben diversa da quella delle nostre immagini odierne nelle quali il cambiamento psicologico viene piuttosto assimilato alla ristrutturazione o riprogrammazione di una macchina.
Gli sciamani dell’Europa antica per curare un paziente si sintonizzavano con una visione dello schema delle fibre della sua esistenza individuale, per comprendere la complessità delle forze e la natura dello schema nel quale si inquadrava quella singola vita umana."


   Tornando alle citazioni del testo di Yeats, troviamo un ammiccamento alla Grande Dea come alla Madre del dio contemporaneo (Javeh):
"colui che incantò l'uomo a tal punto che questi cercò di spopolare il proprio cuore affinché egli soltanto vi potesse regnare, ma sua madre reca in mano una rosa ogni cui petalo è un dio!"

Infatti nel pensiero pagano è ben presente l'immagine della Dea Madre, sotto nomi e forme innumerevoli, una Dea tanto grande, potente e trascendente che oltre a essere madre degli animali, uomini ecc., lo è anche per spiriti, creature fatate e Dèi.

Credo sia poi necessario citare brevemente un significato della rosa esposto da Nicholas R. Mann nella sua Opera, "Avalon", che, a mio parere, può trovare un allacciamento a quanto espresso da Robartes nello scritto di Yeats.
Mann afferma: "La rosa [...] rappresentava il più sacro distillato del processo trasfigurativo, la «Rugiada celeste» che stilla dal petto della Madre o il sangue rosso dell'«Elisir di lunga vita»."


III

Nelle pagine 56-57 viene espresso un concetto interessante (che io condivido): la devozione all'"unico Dio", dopo l'epoca pagana, ovvero il passaggio da un politeismo panteistico al monoteismo ha come conseguenza, tra le varie, la persita dell'alto senso della Bellezza. Una Bellezza lungi dall'essere la pura estetica profana e fine a sé stessa e che oggi abbonda, ma bensì un qualcosa in connessione con una condizione armonica, un suo riflesso. Ovvero, da Armonia deriva  Bellezza.

Con l'arrivo della religione rozza e di basso livello che ha dominato fino ad oggi furono introdotti nuovi, assurdi concetti nella mentalità umana. Il senso del peccato è uno dei peggiori.
Prima l'uomo concepiva la sua vita tendenzialmente conscio della responsabilità dei suoi atti e quindi della legge di causa ed effetto (che poi poteva benissimo decidere d'ignorare...). Il corpo veniva assai curato, poiché era in stretto contatto con l'anima della persona, oltre che sua espressione fisica, e quindi, essendo, quella pagana, una visione olistica del cosmo, spirito e corpo erano estremamente connessi.
Possiamo perciò pensare ad una tendenza di concepire il corpo come un "Tempio dello Spirito".
Molto probabilmente è per via di ciò che Greci, Celti, Romani ed altri amavano le terme, i bagni nel latte, negli olii, nelle sostanze epilatorie e tante altre "vanità" (pur non volendo negare l'esistenza, anche in tale epoca, di superficiale estetismo). Per questo venivano create statue perfette del corpo umano... e, a detta anche d'altri studiosi, sarebbe anche per questo che, non essendo state messe in atto prassi di drastica separazione sugli orientamenti sessuali (che oggi invece è imposta è va di gran moda) con conseguenti discriminazioni timorose e/o ringhiose come tanto accadde invece a partire dall'arrivo del Cattolicesimo. Infatti precedentemente a tale infausto evento non v'era la repressione degli impulsi umani e per cui v'era la possibilità di innamorarsi della Bellezza in manifestazione maschile o femminile. In pratica, come Natura detta, un uomo o una donna poteva ben trascorrere tutta la sua vita amando il sesso opposto... Se però, in differenti circostanze, un'altra persona s'innamorava anche di un esponente del suo stesso sesso era vista come una cosa normale, che poteva limitarsi a qualche sporadico evento o ad un amore lungo tutta la vita.
In pratica era un mondo che il moderno pensiero buonista e benpensante considererebbe "bissessuale e depravato" o "a-morale".

Se vogliamo quindi cercare disperatamente un sostegno anche da parte di quel mondo alla nostra attuale mentalità evoluta e ben centrata che pone tutto in cataloghi, etichette, distinzioni e divisioni... beh, uno dei pochi pseudo-appoggi potrebbe forse essere Platone, il quale considerava l'idea di un terzo sesso: l'androgino, un essere che sintetizza in sé natura maschile e femminile. Che poi si trattasse di un creatura integra e completa in sé stessa, e quindi priva della necessità di un patner, o di un essere con entrambe le energie e possibilmente attratto dai due sessi in egual maniera... è ancora oggetto di discussione che non tratterò in questa sede.

Concludo questa parentesi affermando che con il nuovo concetto del "peccato", la situazione si ribaltò ed iniziò l'automutilazione e il disprezzo del corpo in quanto "portatore del peccato originale".
Uno degli assai valienti sostenitori di questa sana teoria era S. Agostino.
Chiaramente una tale visione ha portato la gente ad abbandonare la cura del corpo e dunque abitudini igieniche necessarie ad un ambiente sufficientemente sano. Ciò favorì quindi le famose pestilenze che tanto hanno colpito e decimato le popolazioni europee durante il medioevo.



    Tornando al libro, nelle pagine 59 – 60 – 61 viene detto come la capacità della mente umana, in ambito astrale, possa (in questo caso sì...) dar esistenza a degli esseri chiamati da vari studiosi e ricercatori "forme pensiero", i quali porterebbero bene o male a seconda della loro origine, prolungando la loro esistenza fino a quando il quantitativo d'energia che li ha generati non si esaurisce.
Usate consciamente, queste "forme pensiero" potrebbero essere utlizzate per scopi vari e/o fungere da protezione o attacco verso demoni o energie umane stesse e altro.
Sempre secondo il testo, noi produrremmo, con questa energia mentale generata in dimensione astrale, dei corpi sottili che verrebbero poi abitati da uno spirito vagante corrispondente. Parrebbe infatti che a volte queste "anime" o spiriti utilizzino le menti umani più potenti per evocarsi ed ottenere così un corpo, "o, se si tratta di un demone, attraverso quelle" menti disarmoniche e di basso livello proprie "del matto o dell'uomo ignobile".
Una volta ottenuta la forma astrale desiderata, e rimanendo connessi con la persona, attraverso i gesti e la voce dell'individuo, tali esseri si riverserebbero nel mondo.

"Il loro regno non ha mai cessato d'esistere: ha perso solo un po' del suo potere. I Sidhe [...] non potranno riedificare i loro templi finché non ci saranno stati martiri e vittorie, e, forse, anche quella battaglia da tempo predetta da maghi e veggenti nella Valle del Verro Nero"

Questa è l'ultima citazione sulle parole dirette del personaggio Michael Robartes.
Con Sidh e Sidhe, termini irlandesi, s'intende la realtà degli Esseri Magici ad antichi che vivono in un regno parallelo.
Il messaggio qui presente si riconnette a quanto detto sopra e in un articolo precedente sul Mondo Incantato: l'avvento dei tempi oscuri può aver parzialmente danneggiato o limitato il potere di tali esseri, ma quelli che sono gli avvenimenti della storia umana e il suo corso non vanno certo a negare la continuità dell'esistenza delle realtà superiori. Si potrebbe poi pensare che il messaggio continui così: i Sidhe non potranno tornare a camminare frequentemente sulla nostra Terra di Mezzo sino a quando non sarà giunto l'avvento di una Nuova Era nella quale sorgeranno nuovi Eroi, ovvero quegli Uomini e quelle Donne che con tutte le loro forze spianeranno la strada da tutti i probabili ostacoli, che altro non saranno, ovviamente, che quegli umani  che ancora si ostineranno a riproporre il vecchio e decadente sitema oscuro.
Yeats comunque non è l'unico ad aver menzionato quella che io considero la Tempesta prima della Nuova Aurora.

IV

"Sul soffitto spiccava un'immensa rosa a mosaico; e sulle pareti, tapezzate anch'esse di mosaici, era raffigurata una battaglia tra Dèi e angeli, gli Dèi splendenti come rubini e zaffiri, e gli angeli tutti in grigio, perché, come mi sussurrò Michael Robartes, avevano rinunciato la loro divinità e rifiutato di esprimere l'individualità del loro cuore, in nome dell'amore per un dio d'umiltà e di dolore"
Il protagonista narra dettagliatamente i particolari della parte finale della sua terribile iniziazione.
Ecco che uno dei simboli della Madre, la Rosa, tanto cara all'Ordine ermetico di Robartes, domina chiaramente su tutte le altre raffigurazioni, in quanto rappresentante dell'Entità matrice delle altre divinità ed esseri viventi.
La battaglia tra Dèi e angeli è molto interessante, a mio parere, e merita un breve approfondimento.

Gli angeli, si sa, sarebbero coloro che servono "l'unico Dio". Ma cerchiamo di tornare indietro nel tempo attraverso la storia di questo dio e alcune delle notevoli analogie riscontrate.

Dagli scritti celtici medievali, di origine orale, chiamati "Mabinogi" sappiamo che dai Celti britannici fu intesa la venuta di una nuova, oscura e terribile forza proveniente da Oriente: la divinità chiamata Havgan, dio di fuoco che odia la Grande Madre e gli Dèi Splendenti.
Questa entità si presenta con l'aspetto di un bellissimo fanciullo amorevole e dolce, quando in realtà è di una malignità terribile.
Vari servitori lo accompagnano a lo riempiono di attenzioni. Servitori a lui totalmente dedicati.
Nella rielaborazione in forma romanzata ("I Mabinogion" di Evangeline Walton) dell'antica versione (per renderla più leggibile e scorrevole), Arawn, uno dei Guardiani dell'Annwn, l'Oltretomba, in un dialogo con Pwyll, antico eroe e regnante gallese della regione del Dyved,  annuncia la venuta di questo dio tremendo con queste parole: "Molti uomini e donne bruceranno ancora sui roghi a causa della potenza di fuoco che egli ha portato verso Occidente; molti ancora tremeranno di paura per quello che sostengono di amare.
Solo il male dovrebbe essere temuto; gli Dèi dovrebbero essere amati..."
Da ciò risulta chiara la connessione con la "Santa Inquizione"...



J.R.R. Tolkien, il più grande studioso inglese di letteratura celtica, anglosassone e medievale (rimasto fedele, nei suoi scritti, a un'antichissima tradizione) del suo tempo, fu un uomo d'indubbia genialità, e si vocifera che fosse stato un Iniziato.
Certamente la sua facciata pubblica di buon cattolico è assai contraddetta dai contenuti chiaramente ed inquivocabilente pagani delle sue Opere che hanno delle analogie incredibili con l'evoluzione dei tempi, l'animo umano, e... Havgan.
"Il Silmarillion", iniziato nel 1917 rappresenterebbe la base da cui si ergono tutte le sue Opere postume ed è il lavoro dal tono decisamente più 'elevato', anche a livello intellettuale.
In tale Opera viene inizialmente trattata la Creazione degli Dèi, chiamati Ainur, i quali, tramite la "musica degli inizi" daranno forma ad Arda (corrispondente alla nostra Gea, la Terra). Ne seguono le guerre degli Ainur contro l'Oscuro, la creazione degli Elfi e degli uomini e le grandi vicende mitiche che avvicineranno la storia alla "Terza Era della Terra di Mezzo".

Per ricollegarci all'argomento trattato dobbiamo concentarci sugli Ainur, e in particolare su uno di loro: Melkor.
Melkor (che successivamente verrà chiamato dagli Elfi con il nome di Morgoth, lo Scuro Nemico del Mondo) fu un Ainur che si ribellò verso la sua stirpe ed abbracciò il potere oscuro. Un essere estremamente possente dei primordi che si votò a manifestare il Caos e la disarmonia.

Dopo il distacco dai Valar (altro nome degli Ainur) Melkor impiegò tutte le sue forze per distruggere la sublime bellezza e armonia creata dagli Ainur su Arda. Riunì presso di sé creature abbiette, belve feroci e servitori, tra i quali un esponente dei Maiar (divinità di grado minore) chiamato Sauron, colùi che creerà l'Unico Anello del potere. Con il suo odio, la sua oscurità e il suo fuoco, Melkor causò disastri immani nell'ordine del mondo.

Terzo ed ultimo elemento da trattare prima di concludere la prima parte di questo scritto ci porta presso un antica popolazione giudaico-aramaica che venerava, durante l'età astrologica dell'Ariete, un dio chiamato Jahveh Zeovat.
Per l'appunto, era considerato "il dio Ariete" e veniva rappresentato con dei totem dello stesso animale.
Jahveh esigeva un gran numero di sacrifici di arieti e gli egizi ne erano particolarmente scandalizzati. 
A proposito di egizi... "Il Decalogo, che è una legge egizia,(...) fu fatta scendere, in mezzo ai tuoni, ai fulmini e ai muggiti di montone, dalle nuvole che circondavano le cime dove aveva dimorato Jahveh, il dio ariete, demone spaventoso e sanguinario", Iakov Levi - "TRAUMA DELLA NASCITA, ESILIO E MONOTEISMO".

È da precisare che inizialmente, tra i giudei, non vi era monoteismo, ma bensì l'henoteismo, ovvero la monolatria verso un unica divinità, verso un dio iroso e particolarmente maschile (dato che veniva anche rappresentato anche con simboli fallici) il quale s'espanse sempre più fino ad ottenere un suo regime totalitario. Infatti giunse il tempo in cui le divinità dei popoli vicini vennero additate come demoni malvagi e in cui il culto di Jahveh iniziò ad espandersi.

Negli scritti antichi e nel pensiero di quelle terre, fluiti poi anche nella Bibbia, non si parla della creazione del mondo da parte di "Dio" come si è abituati a credere. I creatori furono gli Elohim!
Infatti il primo dei dieci comandamenti dice "non avrai altro Dio all'infuori di me" e non "non vi sono altri Dèi all'infuori di me"! Non viene negata l'esistenza di altre divinità, ma viene semplicemente imposto un regime...

Tornando alle nostre analogie, trovo che sia da notare come "Dio" si manifestò inizialmente a Mosé nel rogo di un cespuglio. 
Personalmente quello che mi risuona è: fuoco distruttore in opposizione alla Madre, rappresentata dalla pianta [vedi il mio scritto L'Albero nelle antiche concezioni (e la tragica venuta dell'antropocentrismo)]

Per quanto riguarda gli angeli si può pensare che, nel tipo di visione qui esposta, siano delle divinità minori (come i Maiar di Tolkien) asservite di "Havgan", le quali contribuirebbero ad assicurare il dominio e il pieno influsso di questo demone nella nostra realtà.
Ne "I Mabinogion" di E. W. Havgan perde nuovamente uno dei suoi primi tentativi di impadronirsi dell'Occidente e i suoi servitori si potrebbero ricollegare anche agli angeli grigi e asserviti al dio di umiltà (o meglio, di denigrazione spirituale) e di dolore descritti dal personaggio di Yeats nella citazione di cui sopra...
"Arrivarono, quegli uomini d’Oriente dalla barba nera. Emersero da quell’ombra incerta e attraversarono le acque insanguinate. Si assieparono intorno al loro Signore e Havgan prese la mano di ognuno e la strinse. Un debole riflesso della sua antica bellezza gli illuminava il viso.
«Troppo presto abbiamo lasciato gli antichi templi di Cuthah, nel Sumer vicino al Sole Nascente. Gli Dei dell’Oriente regneranno in Occidente, ma non per ora. Portatemi via di qui, miei fedeli. Non posso guidarvi oltre.»
Sempre piangendo, essi fecero un leto con i loro mantelli. Lo sollevarono e lo portarono via, in quell’Ombra che avevano creato. Pwyll e i suoi uomini, guardandoli allontanarsi, videro che mentre attraversavano il guado le tenebre si erano diradate, ritirandosi verso il basso. Come un mantello, esse caddero dai cieli che avevano oscurato, e questi risplendettero di nuovo, limpidi, immensi e senza macchia. Ciò che era sembrato tanto enorme e mostruoso, una sfida allo stesso infinito, si ridusse a un piccolo alone buio che avvolgeva quegli uomini piangenti e il loro carico. Attraverso quel nero giungeva il loro triste lamento funebre; poi la lontananza li inghiottì. Allora tutto si quietò; la luna rischiarò di nuovo le due sponde del guado, tranquilla come nell’obliato Principio. Delicata, come mano materna su un fanciullo ammalato, la sua luce carezzava quella desolata terra ferita."
Si può notare quanto cupa e lugubre sia la scena descritta, e quanto sia coerente con il costume  cristiano dell'esaltazione della sofferenza. Infatti, checché se ne dica, è così.

"Il Cristianesimo [Cattolicesimo] non ha lasciato nulla di incontaminato dalla sua depravazione; esso ha trasformato ogni virtù in vizio, ogni verità in menzogna, e ogni integrità in bassezza. Il Cristianesimo [Cattolicesimo] vive per mezzo della sofferenza, e crea la sofferenza stessa per rendersi immortale." Friedrich Nietzsche

Chiaramente, in ultima analisi, con la frase rivolta al regnare degli Dèi d'Oriente sull'Occidente non presuppone un potere ed un dominio egualitari, poiché egli è il 'Signore' mentre tutti gli altri son  suoi "umili" servitori e 'figli'.
Servitori che più volte son stati rappresentati in combattimento contro esseri e simboli pagani.
Ad esempio S. Michele, con la sua spada di fuoco, combatte il demone Belial, il quale altro non è che una storpiatura di una delle divinità celtiche più grandi e potenti: Bel o Beli, dio Solare, al quale è dedicata la festività celtica di Beltane (che significa "i fuochi di Bel").

La 'vittoria' (anche se mai del tutto totale) del Regno di Jahveh Zeovat su quello Antico non presuppone l'inferiorità della potenza  di quest'ultimo ma sarebbe bensì una semplice riprova del corso oscuro dei tempi, dell'Etá del Ferro, del Kali-Yuga, ovvero: "Ogni cosa... a suo tempo".

Ma di ció tratteremo successivamente...

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"Il Cristianesimo [Cattolicesimo] ci ha defraudato del raccolto della civiltà antica" Friedrich Nietzsche

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