mercoledì 24 novembre 2010

Druidismo e Antico Pensiero

“..de deorum immortalium vi ac potestate disputant..”


Vi erano un tempo popolazioni che vivevano in armonia con la Terra, gli animali e gli abitanti di altre dimensioni che essi consideravano.
Certo, non erano popolazioni perfette, ma non violentavano ciò che dava loro la vita…
Qui in Europa, ad esempio, vi era la Tradizione da alcuni definita “Nordica”, data dall’insieme delle nazioni celtiche, germaniche, scandinave, frisone, anglosassoni e baltiche.
Queste popolazioni vedevano nella Terra il corpo della “Dea Madre” (sulla quale tornerò a trattare alla fine), un'incarnazione divina. Perciò tutto in Natura era considerato sacro.


Avviciniamoci quindi all'Antica Visione...

Dobbiamo sapere che nella mente degli antichi non vi era la netta divisione tra sacro e profano che abbiamo oggi. Tutto, persino la guerra, era considerato connesso e parte del Grande Arazzo Cosmico, perché ogni cosa, positiva o negativa, o presunte tali, era inestricabilmente connessa al Sacro, alla Cosa Una.
Infatti, il Guerriero doveva venire iniziato al suo ruolo prima di considerarsi degno di tale nome.



I Druidi, grandi sapienti, maghi e sacerdoti dei Celti, erano coloro che si occupavano di tutte le cerimonie (a parte, ovviamente, quelle femminili segrete), da quelle pubbliche a quelle strettamente esoteriche e quindi svolte solamente tra Druidi stessi.



Questi sapienti vengono divisi in tre gruppi: Bardi, Vati (definiti anche Ovati) e Druidi.



I Bardi erano coloro che si occupavano di poesia, storia e musica. Si narra di come, con le loro arpe, fossero capaci di controllare gli animi e gli umori di corti intere prestate all'ascolto, fino a far ridere, piangere o addormentare l'ultimo ascoltatore. Nei loro 11/12 anni di apprendimento imparavano a memoria la storia e la mitologia senza utilizzare la scrittura (con la sola eccezione di simboli ad uso anche mnemonico, ossia l'alfabeto Ogham). Il Bardo di grado più basso studiava per poco tempo e conosceva un minimo di sette poemi. Immaginiamo oggi quanta fatica faremmo ad imparare anche solo l'Odissea a memoria. Beh, compiuti tutti gli anni di studi e raggiunto il livello più alto la conoscenza dei poemi arrivava a circa 350. I Bardi, dunque, erano sublimi musicisti, grandi poeti e sapienti detentori della conoscenza degli eventi passati.



I Vati erano coloro che praticavano principalmente la divinazione, ma anche musica (probabilmente pure a scopo divinatorio) e medicina. Leggevano quindi messaggi presenti in varie manifestazioni naturali e sogni. Utilizzavano anche elementi animali che potessero aiutarli ad ottenere visioni e risposte per conoscere eventi, esiti e cause ignoti. L'animale, poi sarebbe rimasto fortemente connesso a loro, divenendo guida e “totem”. Proprio in merito alla veggenza e alla divinazione Orazio afferma che i Druidi “erano esperti nella divinazione e in ogni altra scienza”.

Lo studioso Stephens Lawrence afferma che “il veggente, in uno stato di coscienza alterata, entrava in contatto con i morti o con gli Dèi, che, nel continuum spazio-temporale celtico, vivevano semplicemente in uno spazio parallelo (ctonio per i morti, empireo per gli Dèi, con i quali il contatto era possibile anche tramite l’osservazione degli astri) da cui era possibile vedere ciò che alla vista umana era precluso (pur essendo comunque già esistente, con una concezione del futuro simile ad una sorta di 'presente prossimo').



I Druidi erano coloro che praticavano la magia, amministravano la giustizia, insegnavano il sapere. Riguardo la magia, l'autore classico Plinio riporta che la Britannia era "incantata dalla magia e celebra i suoi culti con tale abbondanza di rituali da sembrare quasi la fonte delle usanze persiane". Infatti proprio tale luogo è ricco di siti sacri e sacerdotali antichi e vanta, oltre al tumulo più grande d'Europa (la Silbury Hill), il cerchio di pietre più grande al mondo!

Esso è situato ad Avebury.

Altra citazione interessante riguardo al fascino magico e sottile dei Druidi viene dell'autore classico Lucano, evidentemente intimorito dall'aura misteriosa del Bosco Sacro druidico:

"C’era un bosco sacro, (...) persino gli uccelli avevano paura di posarsi su quei rami e le fiere di sdraiarsi in quella selva; neppure il vento o la folgore che piombava dalle fosche nubi si abbattevano su di essa e le fronde degli alberi abbondanti cadevano da cupe sorgenti e le lugubri statue degli Dèi erano prive d’arte, ricavate rozzamente da tronchi intagliati (...). E si narrava che spesso muggivano per terremoti le profondità delle caverne, si risollevavano i tassi abbattuti e si vedevano bagliori nelle selve, senza che vi fossero incendi, e anche che grossi draghi striscianti si avvinghiavano ai tronchi. Le genti non si radunavano in quel luogo per celebrarvi il culto, ma lo avevano lasciato agli Dèi" (Bellum civile, III, 400)



L'apprendistato dell'aspirante Druido durava circa diciannove anni. Probabilmente ciò era necessario per diventare Druido “completo”.

Infatti è da notare che gli autori classici greci e romani fecero una divisione tra le classi druidiche molto netta, ma, come dice giustamente Devon Scott, studiosa e ricercatrice sui tempi antichi e sulla Tradizione Femminile, “le fonti celtiche non lo fanno, dal che si deduce che ci fosse almeno un insegnamento di base comune a tutti”. Infatti, se osserviamo le diverse funzioni delle classi druidiche, noteremo che sono assai simili, seppur in un contesto più particolarizzato.

In tutte e tre, ad esempio, c'è la magia: i Bardi con la loro arpa, i Vati con la divinazione e i Druidi, che più volte vengono nominati come potenti incantatori e manipolatori degli elementi naturali.

Sia i Bardi che i Vati si occupavano di musica e sia i Druidi che i Vati di medicina.

A mio parere non è necessaria nessuna particolare divisione. Tutti erano Druidi seppur di gradi e compiti differenti.

Uno, però, doveva essere il più saggio e potente di tutti: l'Arcidruido, il capo dell'Ordine, riconosciuto per le sue grandi capacità, conoscenze e saggezza acquisite. Druido, infatti, in forma celtica antica, si presenta come dru-wid-es, termine che designa uomini di grandissima sapienza.



Alcuni dicono che lo studio della filosofia ha avuto origini barbare. Giacché i Persiani avevano i loro Magi, i Babilonesi o gli Assiri i Caldei, gli Indiani i loro Gimnosofisti, mentre i Celti e i Galati avevano veggenti chiamati Druidi e Semnotheoi.
[Diogene Laerzio, Vite dei filosofi]


A voi [Druidi] solo è dato sapere la verità sugli Dèi e sulle divinità del cielo... Vostra dimora sono le macchie più riposte delle foreste più remote. Voi insegnate che le anime non cadono nelle silenti sedi dell'erebo o nei pallidi regni del sotterraneo Dite, ma che lo spirito passa a reggere altre membra in un altro mondo: la morte, se è vero ciò che insegnate, è il punto intermedio di una lunga esistenza.
[Lucano Pharsalia I]

Grande e talvolta pericolosa era l'Iniziazione per accedere alla Conoscenza Arcana...
Questi individui avevano conoscenza enorme in merito agli astri, alla cosmologia, alla geneologia e alla storia del popolo; alla filosofia, fisiologia, al diritto e alle altre leggi, come anche quelle di natura quotidiana.
Ogni Druido poteva decidere in cosa specializzarsi, o a cosa dedicarsi.
Poteva essere sacerdote, storico, ambasciatore, giudice, medico, poeta, musico od insegnante, anche per chi desiderava apprendere la Via.

Cesare ci riporta:
Vengono anche trattate ed insegnate ai giovani molte questioni sugli astri e sui loro movimenti, sulla grandezza del mondo e della terra, sulla natura, sull'essenza o sul potere degli Dèi”.



Devon Scott ci dice:
“Particolare rilevanza aveva il druida “portinaio”: la sua funzione, importantissima e di grande prestigio, era di concedere o rifiutare l'ingresso alle città. Essenziale era l'astronomo, che aveva il compito di compilare i calendari, misurando le fasi lunari e il moto apparente del Sole nella sfera celeste durante l'anno. Alcuni diventavano guerrieri e comandavano corpi scelti; i più saggi diventavano consiglieri dei re.


Al termine di un lunghissimo percorso preparatorio, il druida acquisiva la qualifica di 'amministratore del sacro', responsabile di ogni forma di sapere e di tutte le attività religiose ed intellettuali.”

I sapienti celti si riunivano in gruppi nei quali si celebravano riti segreti ed occulti.
Timogene d'Alessandria, vissuto nel I secolo a.C., ci riporta che “i Druidi, spiritualmente superiori e uniti in confraternite secondo il precetto pitagorico, si elevano con ricerche sulle questioni occulte e sublimi”.

Non si pensi però che il popolo non fosse coinvolto nelle pratiche spirituali, al contrario.

Cesare ci riporta che presso i Druidi si raccoglievano “per istruirsi un gran numero di giovani” e che essi erano “tenuti in grande considerazione”. Tra le pene più dure, infatti, c'era quella dell'esclusione da riti e convegni pubblici, “pena che presso i Galli è gravissima, giacché quelli che sono a questo modo banditi sono considerati empi e scellerati”.

Ma non essendo, quello che ascoltava, un pubblico di Iniziati ai Sacri Misteri (“politeismo spirituale sacerdotale”) il sapere veniva comunicato fino a certi livelli e con un codice di linguaggio comprensibile a tutti (“politeismo mitologico popolare”): “pensa da uomo saggio ma comunica nel linguaggio del popolo" William Butler Yeats.

Riguardo alla già accennata connessione dei Druidi con Pitagora trovo opportuno riportare una citazione dello studioso Rolando Dubini a riguardo. Citazione che ben s'addice anche a quella critica ringhiosa che si ostina a porre in dubbio ogni fonte pervenutaci riguardo l'Antico Tradizione non facendo altro che alimentare la confusione propria di questo Kali Yuga.

Un ulteriore elemento degno di studio è rappresentato da una circostanza di particolare significato, che ha sempre lasciato sconcertati i critici moderni, spesso vittime della sindrome della critica fine a se stessa, e di una incomprensibile tendenza riduzionistica, per la quale tutto ciò che scrivevano gli antichi era sempre sospettabile di invenzione (pregiudizio ingiustificato, tipico di chi vive in un'arida società tecnologica e mercificata, dove la prigione della realtà costrittiva fa vedere il passato attraverso le sbarre dei nostri limiti, chiusure e condizionamenti ideologici, morali, storici).

Nonostante le chiacchere infondate e le ipotesi prive di sostegno, che arbitrariamente negano nozioni comunemente accettate, nell'antichità la sapienza druidica veniva costantemente accostata all'insegnamento di Pitagora e alla sua scuola.

Clemente Alessandrino (Stromata I, XV, 70, 1), di Antiochia (ca. 330-395 d.C.), un grande storico romano, citando Alessandro, sostiene che Pitagora, di cui la tradizione ricorda i numerosi viaggi (anche a Massilia, l.odienra Marsiglia, colonia Greca nel sud della Gallia), dopo essere stato allievo di un Assiro, ebbe modo di perfezionarsi tra i Galati e i bramini.

"...I Druidi, uomini di intelletto elevato e uniti all'intima confraternita di Pitagora, erano immersi in indagini su cose segrete e sublimi, e senza curarsi degli affari umani, dichiaravano che le anime sono immortali".

Avrete quindi notato che il sapere era pressoché orale. Dico pressoché perché dalla storia del missionario cristiano S. Patrizio, che attuò la cristianizzazione in Irlanda, viene riportato l'evento del rogo di testi druidici.
Generalmente, comunque, la scrittura era praticata molto raramente. Tra i motivi di ciò vi era la prudenza, per far si che cose che dovevano essere segrete, essendo, quello druidico, un ordine di iniziati simile a quello pitagorico, rimanessero tali.

In più vi era il fatto che la scrittura veniva considerata anche come un qualcosa di immobile, che rammolliva la memoria e che non permetteva l'esistenza e la continuità fluida ed adattabile dell'Insegnamento; ovvero: in base alla persona vi era un codice di linguaggio o un modo di spiegare ed insegnare che doveva adattarsi al suo livello di coscienza/conoscenza e quindi di comprensione (come dovrebbe in effetti essere).




    Ora, dopo una necessaria un'infarinatura sull'organizzazione dei Druidi cercherò di arrivare al punto, ossia avvicinarci un po' all'antico pensiero e alla Teologia Druidica.

     Dunque, i Druidi insegnavano l'esistenza di una forza misteriosa che fluisce in tutte le cose, un'Anima Cosmica della quale anche gli umani sono parte ed espressione, in un'interdipendenza universale totale di e tra tutte le cose (e dunque al di fuori della limitante idea teistica antropocentrica che affetta buona parte dell'umanità).

Tale Mistero era chiamato OIW.
OIW è il Principio Vitale Primario, Onnipervadente ed Impersonale, l'Energia Originaria necessaria e sufficiente all'esistenza stessa, la Causa Prima.
OIW è l'intreccio di tutto, la rete che collega ogni elemento ed ogni essere dell’Universo, ed è equivalente al Wyrd germanico, la Rete che tutto attraversa e comprende in Sè.
OIW è tutto ciò che esiste e ciò che potrebbe esistere, tutte le possibilità. Nulla può esistere al di fuori di esso poiché OIW è Tutto.
Pur avendo "emanato" le Leggi Cosmiche, la Suprema Sorgente (che "'abita' l'immanifesto, l'Infinito, pur avendo esistenza anche nell'altro campo"1) ne è al di sopra.

La "dimora" di OIW è il Cerchio di Ceugant (Ceu "vuoto"; cant "cerchio"), uno dei tre Circoli d'esistenza del Druidismo, ovvero quello al di sopra di tutto. Dall'Opera "Il Vischio e la Quercia" di Riccardo Taraglio, riporto un'esauriente citazione a riguardo:
"... una sorta di Nirvana della tradizione buddista, indipentende da tutto ciò che esisteva, non essendo effetto di nessuna causa, né sottoposto ad alcuna Legge, né raggiungibile da nessuna ipotesi.
Il Ceugant era il Cerchio in cui esisteva l'OIW assoluto, inconoscibile dall'uomo perché svincolato da qualsiasi legge, da ogni sorta di ipotesi, congettura e comprensione. Il Ceugant era per autonomasia Aldilà di qualunque cosa concepibile dalla mente umana e per questo, appunto inconoscibile."

Dal libro di Brian Bates, "La via del Wyrd", troviamo la similitudine di pensiero dei cugini Germani:

Il Wyrd [...] è la costante creazione delle forze.
Il Wyrd è esso stesso il mutamento costante, come le stagioni; tuttavia, poiché è creato a ogni istante, è immutabile, come il centro di un quieto vortice.
Tutto ciò che noi possiamo vedere sono le increspature che danzano sulla superficie dell'acqua.
Non ci sono leggi.
Lo schema del Wyrd è come la venatura del legno o il flusso di un corso d'acqua; non si ripete mai esattamente nello stesso modo.
Ma i fili del Wyrd attraversano tutte le cose e noi possiamo schiuderci alla comprensione dei suoi schemi osservando le increspature quando il Wyrd ci passa accanto.
Niente può accadere senza il Wyrd, perché è presente in tutto, ma il Wyrd non fa accadere le cose. Il Wyrd è creato a ogni istante e perciò è l'accadimento.”

Come potrebbe quindi il Wyrd o OIW, considerando quanto detto sopra, “governare” o “dare” o “fare” come invece fa “l'unico Dio” (qui parliamo di un'entità) del monoteismo??
Non vi era il concetto né la credenza di un unico Dio maschile barbuto che tutto decide, giudica, premia e punisce. Tale essere è al più un cappriccioso ed iroso dio di fuoco (vedi Havgan nel mio articolo dedicato agli Alberi) sotto mentite spoglie di dolcezza, bellezza e amore. Un Dio che elargirebbe condanne eterne verso chi non si è comportato bene o non ha abbracciato il suo reich.
Infatti la prospettiva di una condizione di eterna sofferenza (l'inferno) senza possibilità di riscatto o miglioramento è, oltre che obrobriosa, assai innaturale, dato che la sofferenza serve proprio per imparare ed evolvere.

Ma torniamo all'antico pensiero.

Il Supremo Principio o OIW, considerato irraggiungibile dalla comprensione umana, si manifestava secondo triplice energia, ovvero: SKIANT (Conoscenza-Saggezza), NERZ (Forza-Volontà) e KARANTEZ (Amore-Creatività) e dagli Dèi legati a questi attributi era possibile avvicinarvisi, nonché attraverso la Grande Madre, fusa con Karantez, stessa energia che caratterizza la Divinità Tara Verde nella tradizione Buddista indiana e tibetana.

Interessante è la similitudine con la tripartizione della società celtica tra classe sacerdotale (Skiant), guerriera (Nerz) e artigiana (Karantez). D'altra parte, però, tale tripartizione era classica nell'antichità. Credo quindi che, come afferma Stephens Lawrence, “a partire da questo presunto “informare di sé” che l’Oiw compie su tutti i livelli della società, la penetrazione, più o meno consapevole, della “filosofia della forza” si attua, nel concreto, in ogni aspetto della vita celtica, attraverso un intensa opera di sviluppo di corollari che si diramano dalla concezione di base fino a formare un sistema di pensiero omninglobante.”

Esattamente: il pensiero era olistico ed animistico.
E tale concezione veniva espressa e riprodotta anche nell'affascinante arte propria dei Celti e dei popoli germanici e scandinavi. Mi riferisco a quegli insiemi fluidi e armonici di linee intrecciate chiamati “nodi celtici”.
Riguardo al loro significato non possiamo dirci certi ma, conoscendo sufficientemente la mente antica celtica e d'altri popoli arcaici possiamo permetterci di dire che tali forme si possono ben ricollegare alla concezione che i nostri antenati avevano del mondo, ovvero, come accennato sopra, alla visione del cosmo come di un grande arazzo, un insieme perfetto di fibre in un'interconnessione totale, e dunque ogni cosa esisteva ed aveva un suo corso in qualità e per via di altre..

Così nel microcosmo come nel macrocosmo.

Infatti la tessitura, propria delle donne, era considerata sacra ed espressione terrena dell'incessante lavoro delle tre "Sorelle del Wyrd" (ossia le Norne, corrispondenti alle Parche romane e alle Moire greche), coloro che tessono ed intrecciano il destino degli esseri viventi.
Per quanto riguarda gli uomini, i fabbri riproducevano in meravigliosi gioielli questa concezione.
Il significato dei nodi celtici (non si limitano solo ai celti ma, come ho detto, anche ai sassoni ed ad altri popoli germanici e scandinavi) è profondo ed affascinante...
Rappresentano anche l'intreccio vegetale e degli elementi naturali come anche il destino degli uomini, lo Schema della nostra vita in parte determinato ed in parte determinabile, ovvero il karma.
Questa visione dell'esistenza permette di fare una meditazione attiva che può modificare la propria vita su vari livelli.

Un ulteriore elemento artistico e simbolico che ci viene in mente quando pensiamo ai Celti è quello della “croce celtica”, la quale indica - oltre alle quattro direzioni -, le quattro stagioni, ossia i solstizi e gli equinozi, il tutto abbracciato da un cerchio per simboleggiare il concetto di circolarità e ciclicità, e ciò è assai simile alla Ruota di Medicina dei nativi nord-americani e al simbolo della spirale.





Riporto delle righe dal libro di Riccardo Taraglio "IL VISCHIO E LA QUERCIA":

La croce celtica porta in sé il concetto di 'circolarità delle relazioni' che implica una particolare filosofia di vita e visione del mondo. Nascita e morte diventano tutt'uno con la creazione e smette di esserci una separazione netta fra il Buio e la Luce, il Bene ed il Male, il Giusto e l'Errato.”

L'Autore comunica che gli stessi Druidi non contemplavano il concetto di “Creazione” come di un momento preciso nel quale ogni cosa ebbe inizio, ma concepivano che è tutto costante creazione in atto.
E nel Tutto gli opposti coesistono…

Il concetto del Tutto lo si ritrova nella tavola di smeraldo di Ermete Trismegisto: “Tutto è Uno e Uno è Tutto”. Ovvero il concetto macrocosmo/microcosmo. Il microcosmo non è altro che un riflesso o proporzione del macrocosmo. Coesistono, i microcosmi compongono il macrocosmo...

Ermes o Ermete Trismegisto, così si "presenta":
« È vero senza menzogna, certo e verissimo.
Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della cosa una.
E poiché tutte le cose sono e provengono da una, per la mediazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento. Il Sole è suo padre, la Luna è sua madre, il Vento l'ha portata nel suo grembo, la Terra è la sua nutrice. Il generatore di tutto, il fine di tutto il mondo è qui. La sua forza o potenza è intera se essa è convertita in terra. Separerai la Terra dal Fuoco, il sottile dallo spesso dolcemente e con grande industria. Sale dalla Terra al Cielo e nuovamente discende in Terra e riceve la forza delle cose superiori e inferiori. Con questo mezzo avrai la gloria di tutto il mondo e per mezzo di ciò l'oscurità fuggirà da te. È la forza forte di ogni forza: perché vincerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida. […] È perciò che sono stato chiamato Ermete Trismegisto, avendo le tre parti della filosofia di tutto il mondo.
Ciò che ho detto dell'operazione del Sole è compiuto e terminato. »

Per tentare di comprendere più a fondo tale citazione consiglio vivamente il libro di Davide Melzi, edito dalle Edizioni delle Terra di Mezzo: “Poemetto Alchemico”.

Tutte le affermazioni seguenti non sono altro che la riaffermazione del medesimo concetto di base...

1. TUTTO E' SPIRITO, LO SPIRITO E' TUTTO.
Affermazione dello Spirito, opposto della relatività sempre mutevole della Materia.

2. CIO' CHE E' IN ALTO E' COME CIO' CHE E' IN BASSO.
 Quindi il giorno e la notte, la luce e le tenebre, la veglia e il sonno (gli opposti) danno un'idea pratica dell'analogia con i movimenti del Cosmo.

3. TUTTO VIBRA, NIENTE E' INERTE.
 E' nota la conoscenza dei "campi di forma" e della radioestesia da parte dei sacerdoti di antiche civiltà, come quella egiziana ad esempio.
Oggi, la scienza moderna non può fare a meno di avvalorare questa legge. Infatti, i fisici ammettono che l'Universo forma un tutto e che, indipendentemente da concetti come velocità, tempo e spazio, l'insieme è solidale con la più piccola particella che lo costituisce... da un libro che spiega queste cose: "Pertanto la più piccola azione o trasformazione che ha rapporto con uno qualsiasi dei suoi punti può avere degli effetti su un altro, anche lontano e senza apparenti correlazioni.". Ed ecco che ritorna il concetto di interconnessione del Wyrd e dell'OIW.

4. TUTTO E' DOPPIO, TUTTO HA DUE POLI, TUTTO HA DUE FACCE.
 "La somma dei poli positivi costituisce la Vita, quella dei poli negativi è il Nulla ".
Il doppio o dualità non è che un frammento transitorio di ciò che è Unico.

5. TUTTO INSPIRA ED ESPIRA, TUTTO SALE E SCENDE, TUTTO SI EQUILIBRA MEDIANTE OSCILLAZIONI CHE SI COMPENSANO.

6. OGNI CAUSA HA UN EFFETTO, OGNI EFFETTO HA UNA CAUSA.
 E' il Karma (equivalente al Kroui celtico), la legge delle conseguenze, nota anche alla scienza sperimentale.

7. TUTTO HA UN PRINCIPIO MASCHILE E FEMMINILE.
Legge naturale. Riproposta della dualità (apparente)...



C'è ancora un aspetto da trattare prima di giungere alla fine di questo articolo: le Divintà.
Premetto sin da ora che i Celti non erano Politesiti come si è abituati a considerare. Il loro pensiero e sentore del mondo era da Monista, per via della consapevolezza dell'Uno nel Tutto e che Tutto è Uno, della Natura come incarnazione Divina.
Un'altro termine utilizzabile per definire l'approccio degli Antenati con gli Splendenti è Politeismo Panteistico, ovvero riconoscere la Divinità nei Molti per giungere all'Uno, e dunque tornare all'Unità tramite la Sublimazione dell'Essere attraverso gli Dèi e la Madre degli esseri.

I nomi che conosciamo del ricco pantheon celtico arriverebbero a circa 374. La maggioranza, però, erano copie (nelle quali vanno a volte riconosciute le diverse manifestazioni della Dea Madre, attenzione) di quelle che parebbero circa 60 divinità distinte. Ciò aveva cause dovute all'“ambito regionale” e alle varietà linguistiche o dialettiche.
In quest'ambito come in altri (vedi il mio scritto sul mondo feerico) c'è varia confusione. E ben dimostrato e chiaro che gli Dèi, presso i Celti, non erano soggetti a tempo, forma fisica e spazio, e per questo Immortali ed eterni.
In Essi, varie volte, si impersonificavano forze naturali (soprattutto nella mentalità popolare); ciò, però, non vuol dire che fossero esseri nati dalla fervida immaginazione umana con il fine di dare una spiegazione alle manifestazioni naturali come molti benpensanti moderni e “realizzati” amano affermare; e ancora, gli Immortali non erano “simboli” o “metafore” puramente parabolistiche, come dicono vari intellettuali esoteristi o appassionati (a cosa servono caterbe di libri e nozioni se poi non si è in grado di muovere l'intuito più in là dell'ufficiale e dell'affermato?).
Gli Splendenti erano anche questo, ma solo in casi nei quali erano necessarie le Loro figure per esprimere alcuni concetti profondi che avevano bisogno di essere personificati da esseri divini “conosciuti” e “familiari”, per essere più facilmente assimilati.

Gli Dèi sono dunque entità, identità ed incarnazioni viventi di Potenze Naturali di vario genere.

C'è poi chi arriva ad ipotizzare una bizzarra specie di monoteismo celtico affermando che i vari Dèi erano manifestazioni di un unico dio, frase che, a mio avviso, può essere accettata solo in qualità decisamente ermetica. Infatti, qui si ricade nelle "ipotesi infondate e prive di sostegno".

Il fatto è che, ragionando e meditando su tutta la documentazione storica e mitologica dei Celti, risulta chiaro che il druidismo rimaneva assolutamente un politeismo panteista, nel quale “la distinzione era piuttosto, come detto, tra un politeismo mitologico popolare ed un politeismo spirituale sacerdotale.” *

Nella “scala gerarchica” delle Potenze vi sono, come scritto sopra, vari gradi, livelli e "compiti".
Prima, però, due parole sulla figura del semidio.
Secondo alcune culture, il semidio è un essere generato (in casi più unici che rari) da un'unione tra un mortale e una divinità (che non sarebbe da accostare ai comuni e umani rapporti sentimentali, trattandosi di vicende incomprensibili ed al di duori del quotidiano e delle considerazioni formulate dall'io pensante e storico) o da una grande iniziazione posta direttamente da un Immortale all'individuo ed implicante una grande trasformazione su tutti i piani. Talvolta il confine tra le due potrebbe anche essere sottile, o nullo.
Il semidio ha caratteristiche sovrumane che lo possono portare ad essere confuso, dalla gente normale, con un dio vero e proprio. Due famosi esempi di tale tipo di essere sono Hercules (tradizione greca) e Cú Chulainn (tradizione celtico-irlandese).
Nel caso dell'unione tra un esponente della razza elfica (a volte confusa con gli Dèi) ed un mortale, invece, l'ibrido avrebbe già più possibilità di confondersi e celare le sue qualità superiori tra la moltitudine umana, pur essendo tendenzialmente di grande bellezza.

Di seguito abbiamo la razza elfica, assai saggia ed evoluta, assieme a varie creature parte di quella tipologia di esseri appartenenti alla dimensione incantata. A volte sono essi stessi ad essere considerati come semidèi.

Andando ancor più nel "sottile" arriviamo agli Elementali, o Antiche Armonie, gli Spiriti di Natura che regolano tutte le qualità necessarie al buon funzionamento dell'ecostistema. Tali esseri cooperano con gli Dèi al punto di essere confusi con essi (in effetti ci sono varie similitudini) e possono essere custodi di tesori ed insegnamenti assai preziosi. Possono presiedere infatti ad alcuni stati esistenziali, qualità e conoscenze.
Quando però si desidera rivolgersi ad un'Entità detenente arti e conoscenze, presiedente a qualità divine e a condizioni d'esistenza necessarie e parte dell'esistenza armonica cosmica, e, tra l'altro, presiedente a grandi luoghi, come ampie isole, penisole o continenti, essendone co-creatrice, dai primordi, allora identifichiamo un esponente della stirpe divina primaria e suprema.



Ed ecco quindi che entrano in scena gli Dèi, intesi (per essere chiaro) come quelle Entità Divine più evolute e potenti, i Supremi Splendenti. Infatti lo spirito di una cascata (per quanto saggio e potente) non è dello stesso grado di una divinità “della Luce” che presiede a tutta la Conoscenza, alle “arti” (gli artisti erano chiamati aes dana, "uomini della Dea", per la loro particolare connessione con Karantez, Amore-Creatività) e alla Magia, oltre che ad un intero continente, e che è al di là di una sola e precisa classificazione che la collochi in una particolare qualità. E' questo il caso del dio tra i più importanti per gli antichi Celti: Lugh.

Il nome del Luminoso si riconnette direttamente all'Illuminazione, ed è, come accennato, al di sopra di qualsiasi classificazione pur detenendo in sé tutte le Arti e le Scienze. Con la sua luminosa Lancia della Vittoria è simbolo di distruzione dell'Ignoranza, ed il fatto che abbia maneggiato anche la fiammeggiante Spada della Luce né è un rafforzativo. Riccardo Taraglio ci dice che "Lugh è si il Dio della Luce e importantissima figura che si staglia fra le genti della Dea Dana, i Tuatha Dé Danann, ma è anche il simbolo della parte più alta dell'essere umano, la Scintilla del Grande Fuoco della Vita che si manifesta come Coscienza nell'uomo, quella che la Psicosintesi chiama il Sé Transpersonale, la Coscienza Umana Realizzata."
Capiamo dunque perché questo Dio, possedente tutte le capacità degli altri Dèi riunite in sé, abbia più di cinquecento iscrizioni votive a Lui dedicate in tutta Europa, oltre che qualche centinaio di monumenti e ventisette località europee i cui nomi derivano dal Suo, come Lione (Lugdunum, "fortezza di Lug"), Lugo in Spagna, Londra (Lugdunum, poi Londinium), Lugano in Italia e molti altri.


Come dicevo, quindi, vi sono Entità di vari gradi e livelli, appartenenti e diverse sfere. Entità legate alla fertilità, all'Amore, alla Dissoluzione e all'Oltretomba, ecc, che presiedono ai più grandi segreti dell'Universo e possono talvolta aiutare l'uomo ad arrivarvi.



Qui, però ci avviciniamo all'Entità Suprema e trascendente (ultima e prima manifestazione di OIW, attraverso Karantez) che generò tutte le stirpi esistenti: Dèi, elementali, elfi, uomini ecc., Colèi che dà la Vita: la Grande Dea Madre.



Prima dei Celti, il culto di cui rimane più traccia nella spiritualità delle genti del periodo chiamato “neolitico” è il culto della Grande Madre. Questo si spinge dall'Egitto alla Scandinavia, per quanto riguarda l'Occidente, ma ne troviamo abbondanti tracce anche in medioriente e in altre parti del mondo.

Sive/Dana/Keridwen è un'Entità Trascendente e mervagliosa. E' completa in sè stessa.
E' la ginandrica Madre di tutti gli Dèi, delle Entità Sottili, delle razze elfiche, degli animali, degli uomini e della Terra stessa nella quale Ella si rispecchia.
Nel libro Il linguaggio della dea di Marija Gimbutas ci pervengono queste limpide parole:

"La dea in tutte le sue manifestazioni era il simbolo dell'unità di ogni vita nella natura. Il suo potere risiedeva nell'acqua e nella pietra, nella tomba e nella grotta, negli animali e negli uccelli, nei serpenti e nei pesci, nelle colline, negli alberi e nei fiori. Da questo deriva la concezione olistica e mitopoietica della sacralità e del mistero di tutto ciò che è sulla terra".

La Signora d'Armonia si manifesta, tra i vari modi, anche in Triplice aspetto, seguendo la stessa legge dell'OIW (Skiant-Nerz-Karantez). Infatti, attraverso messaggi provenienti da varie culture, comprendiamo che attraverso Lei si può giungere all'Illuminazione, ossia la Realizzazione Totale mediante la catalisi con la Sua energia.
Uno dei suoi innumerevoli nomi è appunto Ceridwen, ossia “porta verso il Divino” .

Arrivare a svelare la Dea (vedi "la Dea velata"), però, è un cammino molto, molto intenso ed è sempre bene puntualizzare che mai potremo arrivare a comprendere veramente tali realtà tramite scritti e parole, ma bensì mettendosi alla ricerca di esse... nel frattempo, quindi, dovremmo accettare il Grande Mistero, riconoscendo che queste cose appartengono sicuramente di più al piano del Cuore...


"Gli Dèi sono l'oggetto della rappresentazione mitica in ciò che di loro si può dire e in ciò che è ineffabile, in ciò che appare e in ciò che non appare, in ciò che è chiaro e in ciò che è celato.

In questo modo si rappresenta anche la bontà degli Dèi giacchè essi resero comuni a tutti i beni sensibili e riservarono quelli spirituali solo ai sapienti; così i miti annunziano a tutti l'esistenza degli Dèi, ma dicono chi essi siano e quale natura abbiano soltanto a chi è in grado di intenderlo.

Inoltre, i miti rappresentano l'opera degli Dèi.

Veramente è lecito dire che anche il cosmo è un mito poichè in esso appaiono corpi e cose, mentre anima e spirito restano celati.

E oltre a queste considerazioni, il voler insegnare a tutti la verità sugli Dèi produce negli stolti il dispregio - dacché essi non sono in grado di intenderla - e presso i capaci indifferenza.

Invece velare il vero con miti non permette che quelli spregino, e questi costringe a filosofare".


Saturnino Salustio Secondo
Sugli Dèi e il Cosmo
IV sec.
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 Quel che alla fine di questo articolo vorrei puntualizzare è come la mente e il modo d'essere umani siano cambiati e degenerati sempre più particolarmente con l'avvento del cattolicesimo, o più generalmente del monoteismo, e successivamente della scienza moderna.
La nuova religione monoteista oggi dominante (e non più così tanto per fortuna) professa la superiorità dell’uomo sulla Natura, l'antropocentrismo, come detto in scritti precedenti. Il tremendo messaggio (mi riferisco al senso e non riporto letteralmente) scaturisce dalla Bibbia: "Assoggettate la Natura! Poiché è stata creata da Dio per l'uomo"; la Madre Terra sarebbe quindi uno strumento...
E’ tremendamente assurdo, folle, stupido e quasi ironico, oltre che profondamente triste poiché questo pensiero ha contribuito enormemente a portare il Pianeta allo stato attuale...
Ma in fondo, se si capisce la Natura perversa del Monotesimo, quale negatore della molteplicità (presente in ogni genere di esistenza) Divina e sostitutore della Fede al valore dell'esperienza e della sperimentazione diretta, non c'è molto di cui stupirsi circa i suoi risultati.

Poi, infatti, avvicinandosi ai tempi odierni, si fece strada qualcosa di nuovo, un'ulteriore... “diavoleria”.
Quella che era una dottrina in particolar modo d’ordine esoterico con primario obiettivo di arricchire la Conoscenza, Sophia, in senso profondo, comprendendo sia l’aspetto materiale che spirituale per arrivare intendere la completezza, degenerò arrivando ad essere uno studio e una visione della realtà erronea perché puramente materialista e settoriale, ovvero limitata e ottusa. Quella visione che oggi viene chiamata “scienza” (da “Conoscenza”): un atteggiamento dottrinale ed empiricamente limitato che professa l’esistenza della sola materia (anche se il concetto di Materia racchiude una sua relatività), cercando d'arrestare ogni impulso evolutivo che aneli ad oltrepassare sempre più i limiti della condizione umana e della nostra sintonizzazione prevalente con essa in questo piano, per arrivare a conoscere l’'immateriale', il quale si cela 'dietro' la materia e la influenza…

Proprio come anima e corpo, che son però strettamente connessi, essendo uno espressione dell'altra ("Ciò che sta in alto è come ciò che sta in basso").

Il motivo principale dell'avvento di tali ideologie e modi di essere squilibrati  è dovuto al fatto che, con la progressiva scomparsa di una cultura che concepiva l’esistenza in modo animistico e olistico, si arrivò all’assurda frattura tra “Sacro e Profano (‘pro-fanum’ – davanti al tempio)”, alla recisione (nella mente degli umani s’intende..) dell’Intreccio Divino nel quale Tutto era collegato. “Nella natura vivente non succede nulla che non sia in rapporto a tutto l’insieme”, Goethe.

Ebbene, gli umani ci sono in qualche modo riusciti a creare tale frattura, nel corso della loro esistenza: la maggioranza di essi, infatti, è oggi praticamente 'estranea' di fronte alle realtà superiori...

Ad ogni modo credo si stia facendo strada una nuova coscienza, poco alla volta, che porterà l'uomo, in parte per 'obbligo', in parte per Risveglio, ad abbracciare di nuovo l'amore e l'armonia con la Natura e la Dea propria delle società primigenie, delle quali, generalmente, non si ha memoria...





Per l'attuazione di questo testo ho trovato appoggio nel libro di Devon Scott “Il Cerchio di Fuoco”, nell'articolo di *Stephens Lawrence “L'Oiw celtico: forza e debolezza di un popolo”, nella terza parte dell'articolo di Rolando Dubini “I Celti, alle radici dell'Europa, e dell'Italia”, nel libro di Riccardo Taraglio “Il Vischio e la Quercia”(1) e nei libri “La Sapienza di Avalon” e “La via del Wyrd” di Brian Bates.

domenica 3 ottobre 2010

Responso runico sul 2012



Ci stiamo avvicinando sempre più alla fatidica data del 21 dicembre 2012.

Tante teorie, ipotesi ed azzardate certezze sono scaturite riguardo a ciò che c'è in serbo per il mondo ed il suo futuro.
Teorie e film melodrammatici fino al midollo o teorie, probabilmete un po' ingenue, estremamente rosee nelle quali ogni uomo, anche il più becero, subirà un salto evolutivo enorme e potrà passare in un'altra dimensione.
Ovviamente ci sono altre ipotesi, sfumature e vie di mezzo tra questi due opposti.
Di certo non si tratta di noiosi millenarismi cristiani e religiosi, ma bensì di un contesto cosmico.
Un enorme avvenimento che sembrerebbe previsto e segnalato da varie antiche culture e filosofie mondiali...

Io, onestamente, non mi dico certo di nulla.
Non è scetticismo, ma pura umiltà di fronte al possibile approssimarsi di qualcosa che dovrebbe essere veramente ignoto alla nostra degenerata razza...
Spero vivamente che tutto cambi perché il mondo umano di questi tempi non mi piace affatto.

In collegamento a quanto detto sopra, ho voluto divinare con le Sacre Rune1 e vedere cosa avevano da dirmi sugli anni a venire per quanto riguarda l'Europa, ma credo che i messaggi conseguiti si adeguino un po' a tutto il mondo...

Di seguito le mie domande e ciò che, con l'estrazione della Runa, è fluito nella carta attraverso me.



***

Nel 2012/2013 e successivamente sarà pericoloso essere in Europa? Cosa accadrà?

"Ci saranno cambiamenti importanti, non sempre indolori.
La situazione cambierà di molto, correrà verso l'opposto."


Ci saranno quindi cataclismi ed eventi di distruzione, povertà?

"Accadrà ciò che, in parte, verrà stabilito dagli Dèi.
Non il male ma il suono divino luminoso."


Ci sarà per caso un'ascensione?

"Ci sarà un nuovo ordine e cammino.
Il rito si compirà affinché l'immagine opalescente si avvicini alla terra e agli uomini."


***


Non mi sembrano parole presagenti grandi distruzioni apocalittiche da fine del mondo che tanto sembrano piacere a molte persone concentrate sull'argomento...

Certo che ci sono dei passaggi da attraversare affiché certi cambiamenti avvengano, anche in Natura accade così, ma non sappiamo con quali modalità e con quale intensità agiranno in futuro le Potenze della Terra.


Il destino è, per una parte, già scritto.
Un'altra parte ce la scriviamo noi...
                                                    


I commenti riguardo questo responso runico son tutti bene accetti!


***

1 Chi volesse approfondire l'argomento "Rune" può rivolgersi al libro "Iniziazione alle Rune" di Anne-Laure e Arnaud D'Apremont

Storia di Lugaid e Anya



C'erano una volta, in tempi assai remoti, un ragazzo e una ragazza chiamati Lugaid e Anya.

Entrambi erano bellissimi. Lei aveva rossi capelli lunghi ondulati e grandi occhi verde smeraldo, con un corpo esile ma con linee sinuose; lui aveva capelli ramati e occhi nocciola chiaro, con un corpo alto e ben proporzionato. Erano l'immagine del femminile e del maschile in armonia.

In un temporalesco pomeriggio tardo primaverile, Lugaid e Anya s'inoltrarono, dopo una lunga passeggiata, in un bosco molto antico: la selva di Lago Splendente, del quale si narravano storie di incantesimi, magie e strane creature. E in tal luogo vi entrarono senza pensare, trascinati dalla forte passione amorosa che provavano l'uno verso l'altra. E mentre tra baci e carezze sceglievano il luogo dove giacere assieme, prestavano però attenzione ai suoni del bosco, ai lignei cigolii delle antiche querce, alla voce del vento tra gli alberi, ai tuoni lontani ed al linguaggio degli animali che un po' ad entrambi era stato insegnato; scuola, a quei tempi, ritenuta necessaria ad ognuno per cercare di vivere il più possibile in armonia con la Natura e le sue varie realtà. Un po', però, intendere i linguaggi naturali era loro istintivo per la condizione naturale nella quale erano nati.

E camminando sotto la verde volta, in quell'atmosfera quasi onirica dai colori della tempesta, ogni suono, fremito d'ali, canto d'uccello e i roboanti tuoni sempre più vicini aumentavano la carica di magia.
Quel sovrumano concerto di suoni e sensazioni s'insinuò negli animi dei due ragazzi conducendo i loro passi, facendoli quasi danzare sull'erba e sul soffice muschio...
E in quell'ebbra danza giunsero alla sponda di Lago Splendente, il quale era limpido e cristallino anche nella luce temporalesca.
Pareva quasi che i cristalli nel fondale emanassero una loro luce...

Il vento si faceva più forte, scompigliando vesti e capelli. Dopo essersi velocemente guardati attorno, i loro occhi s'incontrarono, con intensa attrazione...
Scivolando nei corpi, le mani sfilarono gli ingombranti vestiti: le calzature, un lungo abito verde, monili d'oro e d'argento, una casacca e un paio di pantaloni...

Nel tempo che seguì, in quel fresco letto d'erba tenera, non ci furono peccati né sensi di colpa, ma solo grande piacere fisico e spirituale, grande passione e dolcezza.
Il bosco, ora, risuonava di suoni amorosi che si confondevano con quelli della selva...

Un coniglio di passaggio indugiò un momento cercando di comprendere cosa stesse capitando d'insolito in quel luogo normalmente tranquillo.

Una civetta si riparò in una cavità del tronco di un vecchio noce, per ripararsi dal temporale ormai imminente.

Un potente tuono fece gemere il bosco e con foga arrivò uno scrosciante improvviso acquazzone che non risparmiò nessuna zolla di terra e pianta.

Sotto questo fragore quella danza d'amore s'intensificò.
Si guardarono negli occhi e mentalmente ringraziarono la Dea Luminosa per tanto piacere, tanta felicità e bellezza vissuta in luogo e in una situazione così unici e particolari. Un sentimento sincero di gratitudine giunto puro ed immacolato dalle profondità del loro cuore.

E tra sguardi a volte alterati, sorridenti e gioiosi, a volte un po' annebbiati dall'estasi, ad entrambi parve d'intravedere, nella cortina di pioggia, una candida creatura scendere dal cielo e posarsi nel lago increspato da miriadi di proiettili liquidi.

Scroscio impietoso...
Lampi accecanti di grandi rami viola, brontolii irrequieti nella volta cupa...

Il bianco cigno s'avvicinò sempre più a loro nuotando tranquillo nell'acqua...
La danza d'amore raggiunse livelli sempre più intensi, sempre più vissuti, sempre più ampi...

Scrocio intenso,
pioggia impetuosa...
abbaglianti lampi di saette turchine...
furenti suoni nel firmamento...

E nel beato momento in cui il loro piacere giunse al culmine il cigno spalancò due splendide, immense ali, dalle quali irradiò una luce improvvisa. I corpi di Lugaid e Anya si contrassero di colpo ed essi, per un breve istante, gridarono di meravigliose sensazioni indicibili, sublimando le Grandi Energie.


Luce...


Nudi scivolarono, con il sentore di bianche ali sotto di loro, in un luogo di arcobaleni e bagliori
E per un tempo ignoto vi rimanerono....


   Vissero e passeggiarono in meravigliosi paesaggi nei quali è sempre primavera...

Paesaggi dall'atmosfera luminosa ed azzurrina, che non parevano illuminati da nessun astro. Peasaggi lambiti da venti spesso brillanti e colorati, e tra le montagne si potevano scorgere singolari sorgenti di luce, dalle quali si estendevano venature luminose, come corsi d'acqua.
I boschi fatati erano sparsi a gruppi qua e là e all'orrizzonte si delineava una grande foresta certamente ricca di inimmaginabili segreti ben custoditi.
Vi erano laghi meravigliosi dal color zaffiro intenso con idilliache isolette in alcune delle quali crescevano meli dai frutti color d'oro e talvolta rubino.
Delicati fiori singolarmente ammalianti nelle cui corolle splendevano come stelle le gocce di rugiada, alberi borbottanti, prati smeraldini ed ondeggianti, rocce tempestate di opali e quarzi... Tutto ciò era in grado di far commuovere un cuore umano per via di tal gloriosa bellezza dovuta a tanta magia.
Una così grande meraviglia di fronte alla quale le più grandi bellezze della nostra umana dimensione impallidiscono assai.

E in quella variopinta terra, per quello che provarono e vissero, i due giovani esultarono di sensazioni a noi sconosciute: s'immersero in stati di beautitudine, gioia e piacere che non possono esser descritti da parole umane.

Appresero conoscenze ed arcani segreti da esseri un po' meno fisici di noi e da fiammeggianti spiriti...

Il tesoro che ora possedevano non può esserci noto ma certamente vi era una nuova consapevolezza in loro. La consapevolezza dell'Incanto, dell'Amore, della Bellezza e della Creatività a livelli che gli umani dei tempi odierni ignorano...


Quando venne il momento di tornare sulla nostra terra, vestiti di pregiati tessuti vennero condotti ,dai Nobili Signori che in tal reame dimorano, in mezzo ad alte pietre muschiose disposte in cerchio.

Tra le mani, i due giovani stringevano alcuni preziosissimi doni elfici, tra i quali la chiave per accedere a quel mondo.

E tra i radiosi sorrisi degli Elfi, tutt'intorno al cerchio, e i brillii delle luci feeriche si levò dalla terra una fresca nebbiolina vorticosa.
Tutto ruotò...



Quando la nebbia si dissolse, Lugaid e Anya si ritrovarono in all'interno di un antico cerchio di quercie nel bosco di Lago Splendente.
Era mattino, il sole splendeva e solo qualche nuvola errava tranquilla nel cielo.
Si guardarono negli occhi, con una luce nuova, quasi con un senso di complicità. Non era necessario dire nulla... sorrisero solamente, e si avviarono alla sponda del lago, teatro del loro Amore. Ringraziarono di cuore, con brevi gesti.
Dell'umido dovuto all'acquazzone non c'era traccia... quanto tempo era passato?

Quando percorsero il sentiero nel bosco per arrivare all'uscita, notarono che la selva era leggermente differente...


Mentre si approssimavano al villaggio notarono varie differenze nella disposizione dei campi e nell'organizzazione delle costruzioni.
Nel momento in cui entrarono nella comunità notarono che le faccie a loro note erano un po' più mature e i bambini erano ora adolescenti. Ci fù grande stupore da parte della gente e in particolare dei famigliari che non poterono trattenere le lacrime, seguite da lunghi, intensi abbracci, con l'aggiunta di un sacco di domande disordinate.

Interrogando gli sciamani, negli anni della loro assenza, risultava che i giovani non erano deceduti ma si trovavano in un luogo difficile da raggiungere. I più abili rimanevano incantati dalle visioni che suggerivano il luogo nel quale i due amanti si trovavano, ma molte persone interpretavano la cosa come un effettivo decesso fisico o un abbandono del villaggio.

Tuttavia rimaneva in interrogativo: che fossero morti o se ne fossero andati, perché trovare vestiti in perfetto stato e monili nella sponda di un lago per di più famoso per i suoi prodigi?

Con il tempo tutto fu chiarito e quelli che all'inizio di questa storia erano due ragazzi puri ed innamorati ebbero un avvenire molto lungo ed intenso, e grazie alle loro conoscenze e alla loro saggezza nel villaggio dilagarono un'abbondanza e pace tali che non potevano non essere dovute ad un pizzico di magia.

Infatti, dal giorno del ritorno di Lugaid e Anya, l'aura di mistero del bosco sacro di Lago Splendente s'infittì e, in particolare durante i crepuscoli, le mezzenotti e le albe, si potevano udire ammalianti musiche sovrannaturali e scorgere strane luci colorate tra gli alberi.



E talvolta, durante crepuscoli e albe, capitava di vedere al di sopra degli alberi, nel punto in cui si trovava Lago Splendente, due candidi cigni volar via o scendere con grazia nel misterioso, silente specchio d'acqua...


***
BREVE COMMENTO ALLA STORIA

Nella storia, che spero sia riuscita bene, ho voluto condensare, non senza un filtro personale, quell'armonia con la Natura e quella comunicazione con gli animali propria delle società arcaiche, quella mancanza di senso del peccato nei piaceri fisici e spirituali e nell'atto di un'unione amorosa. Filo trainante del racconto è la magia ed il mistero, elementi onnipresenti in tali antiche società dalla consapevolezza più elevata di quanto non lo sia oggi con il nostro "progresso".

Cerchiamo di ritrovare nuovamente la coscienza di ciò che ci circonda e può esistere parallelamente alla nostra realtà.

Cerchiamo di riconcigliarci anche con i nostri fratelli animali...

Dal libro "La Sapienza di Avalon" di B.Bates:
"Il biologo Barry Lopez ha definito la nostra distanza dal mondo animale come il cedimento e la rottura di quello che un tempo era il vincolo spirituale di reciprocità che ci legava alle creature nostre compagne. Una volta pensavamo agli animali come a esseri che appartenevano con noi a una sfera al di là di quella materiale, «strutturata dal mito e dall’obbligo morale e attivata dalla potenza spirituale». Lopez ipotizza che il nostro distacco da questa concezione originaria si dovette al dualismo cartesiano e alla conseguente concezione dell’animale come un’entità meccanica priva di anima, con cui gli uomini non potevano avere rapporti morali.


Abbiamo perduto in due modi il nostro rapporto con gli animali. Il primo è che non siamo più in contatto quotidiano con loro; i nostri atteggiamenti verso gli animali sono diventati quelli di padroni e la nostra conoscenza di essi è deformata perché non li incontriamo più nel loro habitat naturale e raramente ci addentriamo nel paesaggio in cui vivono.


Il secondo è dovuto, per usare i termini di Lopez, a una mancanza di immaginazione. Come adulti abbiamo perduto il senso di ciò che è misterioso e incute timore. Abbiamo bandito gli animali dalla nostra mente come se non fossero capaci di aiutarci nelle nostre situazioni difficili. Lopez sostiene che non troveremo mai più una strada a ritroso verso le nostre radici sacre finché non «scopriremo il modo di guardare in faccia il caribù, il salmone, la lince e il passero senza furberia e senza l’intenzione di tradirli... la nostra perdita di contatto con loro ci priva della comprensione del mistero» [Lopez, B., Crossing Open Ground, e Lopez B., Arctic Dreams: Imagination and Desire in a Northern Landscape, Macmillan, London 1986].
Se potessimo ristabilire un grado di collegamento, di identificazione, di rispetto e perfino un senso della
presenza sacra degli animali, penso che ci sentiremmo rinvigoriti sia come individui sia come specie."


E' necessario anche che un numero crescente di persone recuperi la consapevolezza di quella forza incantevole e misteriosa proveniente dalla verde dimora della di Colèi che è "animatrice delle bellezze e delle armonie dei prati" e delle foreste, la Dea Luminosa o Grande Madre.

Quell'arcana energia che induca quelli che ancora sanno coglierla alla ricerca di una più luminosa condizione...

venerdì 24 settembre 2010

Introduzione alla simbologia dell'Albero (e la tragica venuta dell'antropocentrismo)

 

C'è una sola Sacra Scrittura, quella del libro della natura – solo questa può illuminare il lettore.
Nella maggior parte dei casi, i libri scritti dagli uomini sono accettati come sacre scritture, che devono passare per rivelazioni divine, […] ma confrontati con la grande scrittura della natura, sono solamente piccole pozze d'acqua di fronte all'oceano.
Ogni foglia d'albero è una pagina della Sacra Scrittura, e contiene la rivelazione divina.
Se chi la guarda sa come leggere e capire, potrà essere ispirato in ogni momento della sua vita”.

   Hazrat Inajat Khan



     L'Albero e' una bellissima e nobilissima creatura, simbolo cosmico per eccellenza.

Ce ne sono di svariati tipi, con fattezze e colori differenti ma tutti hanno in comune una grande caratteristica: sono l'immagine dell'Equilibrio, dell'Axis mundi.
Molte tradizioni, persino quella cristiana (anche se qui ci avviciniamo al cristianesimo esoterico che è un altro paio di maniche), tengono in altissima considerazione la figura dell'albero.

Le radici nell'oscura terra si nutrono delle acque sotterranee e i rami protesi verso il cielo si nutrono della splendente luce solare.
Gli opposti, Acqua e Fuoco, vengono tramutati in verdi foglie, fiori e frutti, i frutti dell'Equilibrio Armonico.

In autunno l'albero perde il fogliame (può mantenerlo anche in inverno, in base alla specie) in un'allegra esplosione di colori.
E poiché le foglie sono strettamente collegate al Sole, quando terminano il loro ciclo assumono le stesse incantevoli colorazioni proprie del tramonto: dal giallo brillante all'arancione chiaro a quello più scuro, dal rosso cremisi al bordeaux cupo, fino ad alcune tonalità vicine al viola.

In inverno questo essere dorme, spesso ammantato di bianco.
Tale immagine evoca l'introspezione, il superamento delle prove e l'impeccabilità.

In primavera l'albero, superata la grande prova del gelo, rigenera il fogliame, giovane e di un tenero verde brillante, seguito poi da una ammirevole, delicata ma intensa manifestazione: una marea floreale dai profumi spesso inebrianti, inducenti spensieratezza e allegria, proprie della giovinezza.

Un commovente simbolo di Vita. Vita giovane e gaia.

L'estate è il momento nel quale l'albero dona generosamente i suoi frutti.
Con amore, offre tutto il nutrimento che può, a tutti gli esseri, senza distinzione.
Inoltre, tra le sue fronde e sotto la sua ombra, quest'essere dà protezione e riparo, oltre che sicurezza.
Infatti la presenza abbondante di questi nobili esseri in un territorio rende il terreno stabile e riduce di molto il rischio di smottamenti.

    Grande pienezza di simboli possiamo quindi trarre da questa nobile figura, simboli che raggruppiamo in tre grandi archetipi: Albero della Vita, Albero del Mondo e Albero della Conoscenza.

     L'Albero della Vita, emanazione della Dea Madre, nutre tutti gli esseri come figli. Dà amore.
Favorisce la fecondità e la fertilità.
Nella mitologia greca, Apollo e Artemide furono dati alla luce da Leto mentre teneva una mano su una palma.
A tale nascita associamo anche quella del Buddha, partorito dalla regina Maya mentre stringeva i rami di un albero sacro.
La dea egiziana Hathor porta l'epiteto di “Signora dell'Albero”.
Molti popoli indigeni del mondo dicono (o dicevano) di provenire dagli alberi.
Gli aborigeni australiani, ad esempio, credono di provenire dall'albero di mimosa.

Infine, Albero della Vita anche perché la sua longevità e la sua capacità di rigenerarsi lo rendono simbolo di Vita Eterna, garantita dai suoi frutti assieme a grande saggezza e conoscenza.
Infatti, il tasso può raggiungere i 4000 anni, come anche l'ulivo. La quercia può vivere mediamente attorno ai 1000 anni. C'è, però, una specie di pino (pinus aristata) capace di superare i 5000 anni...

  
    L'Albero del Mondo, con la sua struttura, simboleggia perfettamente i vari piani esistenziali.
Esso, infatti, rappresenta il pilastro cosmico, intorno al quale la creazione gravita.
Tre sono i piani d'esistenza principali in comunicazione tra loro attraverso l'Albero del Mondo: Inferi, Terra e Cielo.

Garante della circolazione di influssi, effluvi e fluidi (anche sottili), l'albero adempie perfettamente alla sua funzione di perno cosmico.


     L'Albero della Conoscenza reca la conoscenza della Verità Una; degli opposti indivisibili nella loro eterna danza: Buio e Luce, simboleggiati da Radici e Rami.
Il Buddha sperimentò l'illuminazione sotto l'Albero della Bodhi (“Risveglio”).

Nella Tradizione Celtica, molto famosa è Avalon, l'Isola dei Meli, dove vi sono vita e felicità eterne.
Le mele d'oro sono presenti in varie culture pagane europee, dalla Scandinavia al Mediterraneo.
Infatti sono la magica e divina ricompensa dell'Eroe vittorioso, il Grande Traguardo.

Il termine celtico che designa la mela è presente anche nel nome del buddha della liberazione Avalokiteshvara.
Il melo e il suo frutto rappresentano quindi Liberazione e Conoscenza, oltre che vita eterna.
Idhuna, la dea scandinava dell'immortalità, era associata al melo.

Legato al simbolo dell'Albero della Conoscenza é l'ogham, il sacro alfabeto celtico “degli alberi”, che nel mito fu donato agli uomini dal dio della conoscenza Ogma. Contiene una profonda varietà di significati e usi (tra cui anche mnemonico). Infatti ogni segno si ricollega ad un vegetale, ad un animale, ad una divinità, ad un evento mitologico, ad una parte del corpo, ecc.


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Nello sciamanesimo, l'Albero gioca un ruolo fondamentale.
Ad esempio, dalla Siberia all'Irlanda gli sciamani utilizzavano l'albero in alcuni rituali, sotto la trance, riproducendo l'ascesa al Regno degli Dèi.
Particolarmente usata per tale scopo era la betulla.

“La betulla è un'emanazione della Dea Bianca.
Quando il clima cambia (ad esempio dopo una glaciazione o con la deriva dei continenti), il deva della betulla sparge i suoi semi sulle terre sterili per diffondere la vita e l'amore che il Pianeta vuole esprimere.

Fisicamente può sembrare morbida e umile, ma la betulla è una delle forze più potenti dell'universo: quella dell'amore e della sollecitudine.


D'ogni nuova vita
graziosa nutrice,
D'ogni dispiacere indefessa
protettrice,
Principessa di Luce, che porti
gioia dove vi è tristezza,
Grande Tessitrice sul telaio
di Madre Natura,
Mostraci il modo per ricominciare,
Per camminare ancora, con
cuore innocente,
Per nutrire il bambino che è
in noi, ed estinguere la sua
sete:
Perché saranno i bambini ad essere i primi.”



“Lo spirito degli alberi” di Fred Hageneder


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   Il nucleo principale attorno al quale ruotava l'intera cosmogonia e cosmologia nordica/scandinava era Yggdrasill, definito da Mircea Eliade: “l'albero cosmico per eccellenza”.
Il suo corrispettivo, Irminsul, presso gli antichi sassoni (tribù di ceppo germanico che, assieme agli angli, si stanziarono poi in Inghilterra), viene definito “colonna del cielo”.


Yggdrasill,“il destriero di Ygg” (uno degli epiteti di Odino), è il sacro frassino perno della creazione, risalendo il quale s'incontrano i Nove Mondi della Tradizione Nordica.
A metà del tronco c'è la dimensione nella quale vivono gli umani: Midgard, la Terra di Mezzo.

Yggdrasill è contemporaneamente Albero del Mondo, della Vita e della Conoscenza.
Odino rimase appeso all'Albero per nove giorni e nove notti prima di poter scoprire ed acquisire la Conoscenza Runica. In più, il dio supremo del pantheon nordico consegnò in pegno un suo occhio al gigante Mimir, custode della fonte della Conoscenza, per poter attingere all'acqua sacra...
Il Grande Albero “genera e nutre un'immensa progenie. Infine, condensa intorno a sé tutti quegli elementi dell'immagine del mondo e della storia, divina e umana, che s'incontrano solo in parte negli altri alberi mitici. Esso è veramente «l'albero cosmico per eccellenza».”1


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Nel folklore di vari paesi l''albero era visto anche come curatore, oltre alla gran varietà di piante medicinali, e vari rituali si sono crearono per tale motivo.

Ancora oggi sopravvivono tali usanze in certi luoghi.

Nell'odierna mentalità civilizzata, molto spesso l'albero non è che una semplice rappresentazione decorativa. Abbiamo infatti gli Alberi della Libertà, atti alla commemorazione, gli Alberi di Maggio e quelli di Natale, di derivazione assolutamente pagana, oltre a quelli per ornare viali, giardini pubblici e privati ecc.

Nel folklore di derivazione celtica e anglo-sassone delle isole britanniche sono presenti vari alberi prediletti dalle Fate, tra i quali la quercia (particolarmente sacra ai druidi), il nocciolo (il cui frutto era, nelle leggende celtiche, il ricettacolo della Sapienza), il sambuco (particolarmente legato alla stregoneria), l'ontano (legato agli spiriti delle acque), il frassino (dal cui legno i druidi ricavavano le loro bacchette), la betulla (la cui driade viene chiamata “Dama Bianca”) e il prugnolo.
Particolarmente prediletto dalle Fate è il biancospino.
Altro albero particolarmente importante, utilizzato negli oracoli druidici e i cui fuochi erano utilizzati nelle evocazioni di spiriti, è il sorbo selvatico, considerato una buona protezione dalle energie negative e ostili.

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Enorme saggezza può giungere da un albero, specie se è vecchio. Ma anche dolcezza e comprensione.

Personalmente, fin da bambino ho sempre visto l'albero come un qualcosa di rassicurante, di dolce...

Ricordo un giorno della mia infanzia, forse un pomeriggio, nel quale sentivo il bisogno di rifugiarmi presso qualcuno che potesse darmi un'amore incondizionato e una pura comprensione.
Scelsi di recarmi da un albero in un parchetto vicino a casa.

Lo abbracciai intensamente e ricordo come nel mio interno si fece strada una calda sensazione di benessere.
L'albero, un leccio, rispose prontamente al mio bisogno dandomi il suo sostegno.

Altre esperienze ho avuto con questi nobili fratelli, i quali mi hanno dato e mi daranno nel mio avvenire molta altra ricchezza.


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“[...] Fa caldo; ma un fogliame oscuro,
Lontano dal rumore, ci donerà un po' d'ombra,
e lì, tra le violette, noi ci faremo
gioco dell'ambra e dei suoi profumi.

E accanto a noi, sui vicini rami
delle ginestre, degli agrifogli e dei biancospini,
l'usignolo, sfoggiando la sua splendida voce,
perfino nelle rocce farà nascere orecchie.

E forse, attraverso le felci,
noi vedremo tra pastori e pastorelle,
petto contro seno e bocca contro bocca,
nascere e finire qualche dolce scaramuccia.

È tra di loro che Amore è a suo agio:
è qui che salta, che danza e che bacia,
calpestando le servili costrizioni
delle tante leggi che lo ostacolano in città...”

   François de Malherbe, «Poésies»



    Gli alberi sono anche legati alla sessualità e sotto le loro fronde si celebravano, spesso durante la festività celtica di Beltane, sacri rituali per favorire amore, fecondità e fertilità.

Rituali di vario genere si compivano negli antichi cerchi di querce, allo scopo di entrare in contatto con spiriti e Dèi di vario genere.

La vita dei popoli antichi aveva la sua base nella ricerca della sintonia con la Terra e i vari piani esistenziali.
La Chiesa, invece, con la sua venuta mirava a distruggere primariamente l'armonia con la Natura propria degli indigeni.

I decreti di re Canuto, infatti, «proibiscono severamente ogni paganesimo: per paganesimo si intende l’adorazione degli idoli, ossia l’adorazione di divinità pagane, del sole o della luna, del fuoco o dei fiumi, delle sorgenti o delle pietre, di ogni specie di alberi della foresta; oppure la stregoneria amorosa, o... qualunque pratica che appartenga a simili illusioni».

Dai penitenziari cristiani giungevano queste regole severe: chiunque «sacrifichi ai demoni piccole offerte dovrà fare penitenza per un anno, ma se sacrificherà grandi offerte per dieci anni. Se mangerà o berrà in prossimità a un tempio pagano o se si nutrirà di cibo che è stato usato in un sacrificio pagano, dovrà parimenti fare penitenza».

Edgardo fu tra i primi esponenti cristiani d'Inghilterra ad esser stato attivo ad alti livelli politici. Rivolgendosi ai preti che, poverini, avevano bisogno di incoraggiamento, disse: «Ingiungiamo che ogni prete diffonda con zelo il cristianesimo e soffochi completamente ogni forma di paganesimo, proibisca l’adorazione delle sorgenti e la negromanzia, le divinazioni e gli incantesimi con i recinti sacri, con i sambuchi e anche con altri alberi e con le pietre».

Verso il 640, sant'Eligio proclamava: «nessun cristiano deponga luci presso i templi o le pietre, o presso le fonti e le sorgenti, o presso gli alberi o nei trivi... Nessuno presuma di purificarsi attraverso sacrifici, nessuno faccia incantesimi con le erbe o faccia passare le greggi attraverso un albero cavo o un’apertura nella terra; perché nel far così sembra che egli le consacri al diavolo». In Tali luoghi è risaputo che si facevano promesse e vincoli sacri, infatti: «Nessuno andrà a fare voti presso alberi, o fonti o pietre o recinti o in altro luogo che non sia la chiesa di Dio e solo lì faccia voti o si sciolga da essi».

Più i secoli passavano e più l'Antica Tradizione si affievoliva e i suoi detentori si ritiravano in luoghi sempre più inaccessibili o nascondevano la loro identità pagana.
Alcuni druidi entrarono nell'ordine ecclesiastico e, sotto mentite spoglie, si presero la briga di produrre manoscritti riportanti miti, leggende, leggi sacre e civili, con la differenza, rispetto agli altri manoscritti cristiani riportanti consuetudini e pratiche pagane, di contenere al loro interno messaggi destinati ad un futuro nel quale gli uomini fossero stati in grado di iniziare ad intenderli e metterli in pratica.

L'obbiettivo è infatti quello di trarre dagli insegnamenti dei nostri Antenati un potenziale spirituale che non appartiene ad un tempo determinato e che sarà anche la base di un nuovo futuro, seppur rinnovato in una forma nuova.

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Le civiltà nascono e appassiscono. Lasciano però qualcosa nell'inconscio di ognuno di noi, qualcosa che solo chi sa sentire sufficientemente bene può intendere e far suo.
Quelle che sono le Realtà Magiche e Spirituali non soccombono con le civiltà umane.
Quando i tempi saranno maturi gli uomini torneranno ad imparare e a Vivere in sintonia con le varie Realtà.
Il futuro opposto a questo sarà radioso, per via della cosmica legge degli opposti.
Gli Dèi Splendenti saranno riconosciuti e gli uomini potranno tornare ad essere un popolo che canta...



1 “L'albero” di Roger Parisot

lunedì 9 agosto 2010

Il Mondo Incantato, varie interpretazioni e fonti letterarie


  
“La magia è l'aroma e l'energia della vita,
   il suo ornamento ed il suo splendore.”
                                        La Figlia del Re degli Elfi -  Lord Dunsany


Premessa: mi rendo conto che parlare nel volgare 'web' di certe realtà sarebbe un comportamento da vero profano a riguardo. Tuttavia con questo post mi rivolgo soprattutto alla mentalità umana di fronte tali “fenomeni”...

Non starò quindi a riproporre la solita sfilza di informazioni storiche, reperibili in vari libri, riguardo gli Esseri protagonisti di questo scritto.

Aggiungo infine che il post sarà aggiornato anche piú di una volta, e che non ho intenzione di risultare come uno sgradevole personaggio dispensatore di indiscutibili verità!

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Ed egli le domandò che cosa stessa facendo di sera lì sulla brughiera con la scopa.
'Sto spazzando il mondo.' Gli rispose.
Ed Alverico si domandò quali orribili rifiuti lei stesse spazzando via dal mondo, in quella polvere nera che continuava a volteggiare sui campi, per perdersi lentamente nelle tenebre che stavano calando al di là delle coste.
'Perché stai spazzando il mondo, Madre Maga?'
'Nel mondo ci sono cose che non vi dovrebbero essere.'
                                   La Figlia del Re degli Elfi -  Lord Dunsany

Viviamo in tempi veramente degradati (cosa di cui ho già parlato in post precedenti), i Valori Autentici sono stati dimenticati, o quasi, assieme, quindi, a certe realtà. Al loro posto sono rimaste ridicole parodie vuote e tristi.

Tale basso livello raggiunto porta la gente ad assumere una visione della Vita sempre meno autentica.


Arriviamo quindi all'argomento. Cercherò di essere sintetico.

Cosa ci viene in mente quando sentiamo parlare di fate, folletti, gnomi ecc.? Ci soffermiamo su Walt Disney, pensiamo alla classica fata con cappello a cono, il folletto sciocco e mattacchione e tanti altri stereotipi dedicati all'incredibile fame di fantasia dei bambini. Un mondo totalmente infantile e “fantasy”, secondo più ignoranti.
Se, però, oggi molti hanno una tale visione lo dobbiamo all'accoppiata di Chiesa e materialismo (come in ulteriori contesti...) che hanno denigrato l'argomento, cercando di negare l'esistenza di altri mondi e realtà.

Altri, già decisamente meno prevenuti, hanno un approccio a queste cose molto più curioso dato che pensano che (e non sempre è sbagliato!) le fiabe, pur essendo invenzione dell'uomo, contengano dei messaggi impliciti volti alla massa.

Ci sono anche degli abitanti di campagna (in varie zone del mondo) che credono ancora a questi esseri, storpiandoli, con l'influsso del cristianesimo, in “figli di Eva”, “angeli caduti”, “morti pagani”, non abbastanza buoni per il paradiso ma nemmeno abbastanza cattivi per l'inferno, quindi “anime non battezzate” ecc.

Spesso sono visti anche come brutti e pericolosi o seducenti e ingannevoli e si ritiene di potersi difendere grazie a cose come l'acqua santa, crocifissi e croci tracciate, la bibbia, preghiere 'sacre', terra di cimitero ecc.
Tra le tecniche di difesa non religiose abbiamo il sale, ghirlande di floreali, pane, ferro, alcune tipologie di vegetali ecc.

Cosa importante, comunque, è che questi esseri, visti anche positivamente (quando fa comodo), non siano stati dimenticati.

Abbiamo poi i Teosofi, e qui mi soffermo un po', che, tra i loro vari studi, hanno tentato di spiegare il “fenomeno” delle Fate.
Questi “studiosi spirituali”, come li chiamo, danno spiegazioni senza dubbio interessanti utilizzando le esperienze di chiaroveggenti, mistici e persone addentre al mondo dell'esoterismo e della spiritualità (tra i quali teosofi stessi).

Pare, da quanto sappiamo, che essi identifichino il Regno delle Fate con un mondo spirituale, coesistente al nostro, abitato da esseri composti di materia sottilissima (quando visibili sarebbero su un piano eterico - stato più sottile del gassoso – e da invisibili su un piano astrale – stato ulteriormente rarefatto dell'eterico), il cui compito sarebbe quello di assorbire e distribuire al nostro mondo il Prana (parola in lingua  sanscrita), forza vitale proveniente dal sole. 





Quindi le Fate si occuperebbero anche, a livelli diversi, del sottosuolo, con i suoi minerali, della crescita delle piante e perciò della loro struttura molecolare.

Queste particolari creature cambierebbero aspetto a loro piacimento con un dispendio di energie in base alla forma assunta.
Il loro vero aspetto, però, sarebbe una pulsante sfera lucente con un nucleo più luminoso. Quando questo si condensa, esse assumerebbero la forma desiderata , usando spesso la coscienza collettiva e i preconcetti, dettati da stampi tradizionali, che abbiamo su di loro come modello.


Questa è la rispettabilissima opinione dei teosofi.

Io, però, proporrei umilmente un ragionamento personale...
Ci sono varie testimonianze, esperienze, a volte personali, divulgate per aiutarci a svelare ciò che solitamente è velato.

L'anima viene sempre rappresentata come un qualcosa di luminoso.

Osservando la dottrina esoterica (e, poco alla volta, con l'esperienza personale abbiamo la possibilità di scoprirlo) si insegna che non possediamo solo il corpo fisico ma anche quello mentale, astrale, eterico e via dicendo.
Tutti raggruppati nell'aura.
C'è pero uno stato esistenziale primario: il Nucleo, o Anima.
Praticamente tutte le tradizioni, anche se in rapporti diversi, ne parlano.

Nella Tradizione Tolteca1, ad esempio, i “veggenti”, coloro che hanno la capacità di penetrare i vari strati esistenziali, sanno vedere l'individuo nella sua forma primaria e originale: un corpo luminoso, di forma più o meno ovale, fatto di lucenti fibre.

Nella Tradizione Nordica2  il corpo primario è altrettanto luminoso e fatto di fibre, poiché è parte del Wyrd, il Grande Arazzo cosmico nel quale tutto è intrecciato e compenetrato dall'impersonale Principio Supremo.

Ci sono vari modi di vedere oltre il velo della nostra materia.
All'uomo comune vengono date varie informazioni su ciò soprattutto tramite i libri. Ma i “profani” devono cercare di ricollegare tutto quello che l'ambito velato dell'Esoterismo (etimologicamente:  “per pochi”)  comunica "in relazione" alle varie culture e ai vari periodi storici. 

Personalmente sono arrivato a pensare che i chiaroveggenti e teosofi che sostengono di aver visto Fate e compagnia: o hanno visto il loro aspetto primario, come ce l'abbiamo anche noi, o hanno visto degli esseri elementali, ovvero Spiriti di Natura.




Infatti gli Splendenti Principi del Sìdhe, o Nobili Signori (da alcuni - me compreso -, come Lord Dunsany, chiamati Elfi), di cui tanto parlano le leggende antiche celtiche e nordiche, potrebbero non essere propriamente spiriti.




Possiamo identificarli anche in storie presenti nel folklore dei paesi di identità ancora legata, in parte, ai tempi precristiani.  E' il caso della Bretagna, della Cornovaglia, del Galles, della Scozia e dell'Irlanda. Nella penisola scandinava altrettanto...




(Le immagini allegate possono poco o nulla nell'illustrare tali realtà.)



Il famoso ricercatore Evan Wents ha riportato una particolare testimonianza di un contadino irlandese.
L'uomo gli rivelò del suo presunto incontro con un Elfo ai piedi delle colline, quel giorno nebbiose (la nebbia è uno 'stato intermedio'; i Druidi insegnavano che è negli stati intermedi che si cela il Potere e, quindi, la Magia), di Ben Bulben nella contea di Sligo.

Quest'essere, tra le varie cose che gli disse, gli avrebbe rivelato che gli abitanti del mondo feerico: si 'sposano' (in certe situazioni possono unirsi anche ai mortali, come narrato in varie leggende) e hanno figli, non invecchiano mai e sarebbero alti e di nobile aspetto; che possono tramutare il corpo di un umano che scelgono (magari chi arriva alla loro terra e ci resta per del tempo o sempre) in uno simile al loro; che dispongono di un potere sufficiente per distruggere metà della razza umana (ma si tratterrebbero dal farlo per 'etica'), e che la loro è una razza a parte: intermedia tra la nostra e quella degli spiriti.

In base a ciò (e, personalmente, a quello che io ho sempre sentito al mio interno) avrebbero quindi una loro fisicità, ma vivono in un mondo immerso in quella forza incantevole, potente e misteriosa che è la Magia, per cui la legge fisica non fa da padrona come nella nostra dimensione. Ecco perché tra noi e il mondo spirituale.
Si tratta di un'altra dimensione parallela alla nostra.

Lord Dunsany, personaggio particolare, scrisse a suo tempo (XIX secolo), il romanzo “La Figlia del Re degli Elfi”, al quale si ispirarono personaggi come Tolkien. Nel libro, lo scrittore si rapporta al lettore come una guida in un contesto molto... “esotico”.

Grazie al pretesto del romanzo dal contenuto fantastico, si permette di esporre gli eventi narrati come veritieri, quasi di cronaca. In tal modo la persona comune sorride e prende tutto come un gradevole tuffo nella fantasia dell'autore, mentre il lettore con particolari predisposizioni può prendere ciò come una vecchia mappa ammuffita e misteriosa, la quale, dovutamente ripulita e analizzata, può dare un qualche impulso a singolari e nobili obbiettivi di arricchimento e ricerche.

Comunque, non sono l'unica persona a pensare che lo scrittore la sapeva lunga.

Nella tradizione irlandese l'Altro Regno viene identificato con molti nomi, tra i quali: Tir Nan Og, Terra della Giovinezza; Tire Nam Beo, Terra della Vita; Mag Mor, la Grande Pianura; Mag Mell, la Pianura del Piacere e Tairngire, la Pianura della Felicità.

Nel suo testo, Dunsany parla della Terra degli Elfi come un luogo meraviglioso, dai colori intensi e da tante altre curiose stranezze e sublimi bellezze “descrivibili solo nelle ballate dei poeti”. Lì, oltre ai bellissimi Elfi, sono presenti altre stupende creature tra le quali gli Unicorni. Non mancano però bizzarri folletti, detti Troll.

Ci sono vari libri, però, che non pongono distinzione tra Spiriti di Natura ed Esseri Magici, o Fatati. E' un contesto complicato e il più delle volte troviamo interessanti informazioni ma spesso confusionarie: ad esempio quando si parla di elfi intesi come spiriti abitatori dell'aria, della terra ecc.
Si tratta invece di Esseri Elementali, chiamati anche Entità d'Armonia; di Silfi – o Silfidi – per l'aria, Gnomi per la Terra, Salamandre per il fuoco e Ondine, o Sirene e Tritoni, per l'acqua. Queste potenti entità sono anche grandi custodi di insegnamenti e, quindi, ve ne sono anche di molto saggi.
Per via del loro 'abitare gli elementi', sono molto più a contatto con il mondo umano di quanto non lo siano invece gli abitanti della Terra degli Elfi...
Gli esseri delle acque, nella tradizione orientale (nella quale sono chiamati Naga), se fortemente provocati possono provocare o favorire epidemie di lebbra, cancro alla pelle, peste bubbonica e altre malattie dell'epidermide.
Ciò, ovviamente, è dovuto al crescente distacco dell'essere umano dalla Natura e dalla forte disarmonia così creata.


Tornando ai teosofi, ce ne sono di interessanti collegati all'argomento qui trattato, vissuti nel periodo del cosiddetto “Rinascimento Gaelico”, quali William Butler Yeats, William Sharp (alias Fiona MacLeod) e George William Russell, il cui pseudonimo era AE.
Proprio di Russell vorrei dire due parole.

AE (1867-1935) , nato Lurgan, in Irlanda, pare sia stato, oltre che poeta e pittore, uno dei più grandi chiaroveggenti dell'ultimo secolo e di quello anteriore.
Egli ha riportato varie sue esperienze e visioni riguardanti gli altri regni.
In base alla sua esperienza personale, ha suddiviso gli esseri incontrati in due categorie: Esseri Splendenti ed Esseri Opalescenti3.

Ha anche riportato che un suo maestro di scuola si riferiva all'“Aristocrazia”, ovvero i 'Nobili Principi' elfici, come di gente “alta e bella”.

AE  sosteneva che per trovare la Via non era necessario andare nell'Asia estrema.
Egli, al suo allievo (al tempo giovane) Paul Brunton, che si sarebbe fatto portatore degli insegnamenti orientali in Occidente, disse: “Perché andare a cercare la luce in Oriente?”
Infatti, ognuno deve ricercare ciò che gli è più congeniale, e non c'è una via che sia adatta tutti, per quanto corretta.

Russell, però, ha parlato anche della Grande Dea, chiamandola con il nome di Dana, parlandone in questi termini: “Grande Madre e Spirito della Natura”, Ella è “il fondamento di ogni forma materiale, dal corpo imperituro dell'immortale alla spoglia transitoria del moscerino”.
“Il Suo cuore sarà nel nostro quando il nostro perdona”.
Il “perdono” in questione può essere collegato alla compassione buddhista, ovvero comprendere l'essere, pacatamente, e relazionarvisi rettamente.

Concludo lo spazio dedicato ad AE riportando un suo scritto:

“Allora vidi il cuore della collina, e capii che non c'era nessuna collina per quelli stavano là, e che essi non erano consapevoli della pesante montagna che premeva sopra i palazzi luminosi, e che i venti erano frizzanti e trasparenti, eppure pieni di colore come l'opale, mentre soffiavano brillanti attraverso la vallata,
e allora seppi che l'Età dell'Oro era tutta attorno me, ed eravamo solo noi a non vederla, perché essa non aveva mai cessato d'esistere.

Questo mi portò a ritenere, assieme a Platone, che la Terra non è solo quello che la geografia dice che sia, e che noi viviamo come rane in fondo a una palude, che non sanno nulla della Terra Variopinta che sta sopra a quella che conosciamo noi, e tuttavia è legata ad essa come l'anima al corpo”.


Altra citazione affine alla sublima realta' lí presente:

"La pianura smisurata, una folla immensa,
i colori che brillano nella gloria pura,
un chiaro ruscello argentato e vestiti dorati,
vi offrono il loro caloroso saluto.
Un meraviglioso gioco, il più delizioso,
essi giocano [sedendo] di fronte al piacevole vino,
uomini e donne gentili sotto un cespuglio,
senza colpa, senza peccato...
Un bosco con fiori e frutti,
nel quale c'è il vino della fragranza genuina,
un bosco senza rovina, senza difetto,
nel quale ci sono foglie di colore dorato."
Passaggio de Il viaggio di Bran Mac Febal nella Terra delle donne – in Sciamanesimo Cetico di John Matthews
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Secondo alcuni chiaroveggenti si le 'creature sottili' non avrebbero un sesso: dipende da quali esseri intendiamo. Elementali o Esseri Fatati? Spiriti o meno?
Ci sono varie storie di umani che hanno avuto rapporti sentimentali con Esseri Fatati da cui ne sono originati dei figli.

Se vi sono esseri senza un sesso determinato, quelli potrebbero essere gli Elementali.


Secondo Hugh Mynne, il mondo feerico (la Terra Fatata), è “un mondo importante, perché conserva il perfetto modulo del nostro proprio mondo, vale a dire di quello che si è manifestato per primo, il mondo della giovinezza immortale”.


In conclusione, dobbiamo sempre ricordarci che non bisogna imporre degli schemi rigidi a queste cose, e che io ho esposto, in linea con la presentazione di questo piccolo spazio di espressione, una visione personale.
Solo quando, e se, vivremo nel loro Regno per del tempo potremmo sentirci detentori di certe conoscenze...

Nel libro del famoso poeta irlandese William Butler Yeats, “Il Crepuscolo Celtico”, egli descrive da testimone un’esperienza avuta da una sensitiva con la Regina delle Fate di un certo luogo d’Irlanda che ora mi sfugge.

Alla fastidiosa domanda “se lei e la sua gente” fossero una «drammatizzazione dei nostri stati dell’anima» la Regina, giustamente, non gradì affatto e lasciò scritto sulla sabbia un messaggio: «Stai attento, e non cercare di sapere troppo su di noi».

Credo che chi abbia la fortuna di intrattenere rapporti con questi Esseri non debba perdere tempo nell’analizzarli come fossero campioni da laboratorio per arricchire il suo opinabile repertorio di informazioni. E' giusto invece vivere l'esperienza pieni di gratitudine e rispetto, dato che, in assenza di ciò, non possiamo sapere che piega potrebbe assumere la situazione...!




“Peggiore della cecità degli occhi è quella dello spirito, in quanto […]  crea attorno a voi un buio tale da precludervi la possibilità di vedere, sentire, conoscere od anche apprendere. E nessuna richiesta proveniente da tale oscura cecità potrà indurmi a pronunciare una formula contro la magia!”

“La Figlia del Re degli Elfi” - Lord Dunsany







1  Vedi libri di Carlos Castaneda

2 “La Via del Wyrd” e “La Sapienza di Avalon” di Brian Bates

3 “La via delle Fate” di Hugh Mynne