mercoledì 24 novembre 2010

Druidismo e Antico Pensiero

“..de deorum immortalium vi ac potestate disputant..”


Vi erano un tempo popolazioni che vivevano in armonia con la Terra, gli animali e gli abitanti di altre dimensioni che essi consideravano.
Certo, non erano popolazioni perfette, ma non violentavano ciò che dava loro la vita…
Qui in Europa, ad esempio, vi era la Tradizione da alcuni definita “Nordica”, data dall’insieme delle nazioni celtiche, germaniche, scandinave, frisone, anglosassoni e baltiche.
Queste popolazioni vedevano nella Terra il corpo della “Dea Madre” (sulla quale tornerò a trattare alla fine), un'incarnazione divina. Perciò tutto in Natura era considerato sacro.


Avviciniamoci quindi all'Antica Visione...

Dobbiamo sapere che nella mente degli antichi non vi era la netta divisione tra sacro e profano che abbiamo oggi. Tutto, persino la guerra, era considerato connesso e parte del Grande Arazzo Cosmico, perché ogni cosa, positiva o negativa, o presunte tali, era inestricabilmente connessa al Sacro, alla Cosa Una.
Infatti, il Guerriero doveva venire iniziato al suo ruolo prima di considerarsi degno di tale nome.



I Druidi, grandi sapienti, maghi e sacerdoti dei Celti, erano coloro che si occupavano di tutte le cerimonie (a parte, ovviamente, quelle femminili segrete), da quelle pubbliche a quelle strettamente esoteriche e quindi svolte solamente tra Druidi stessi.



Questi sapienti vengono divisi in tre gruppi: Bardi, Vati (definiti anche Ovati) e Druidi.



I Bardi erano coloro che si occupavano di poesia, storia e musica. Si narra di come, con le loro arpe, fossero capaci di controllare gli animi e gli umori di corti intere prestate all'ascolto, fino a far ridere, piangere o addormentare l'ultimo ascoltatore. Nei loro 11/12 anni di apprendimento imparavano a memoria la storia e la mitologia senza utilizzare la scrittura (con la sola eccezione di simboli ad uso anche mnemonico, ossia l'alfabeto Ogham). Il Bardo di grado più basso studiava per poco tempo e conosceva un minimo di sette poemi. Immaginiamo oggi quanta fatica faremmo ad imparare anche solo l'Odissea a memoria. Beh, compiuti tutti gli anni di studi e raggiunto il livello più alto la conoscenza dei poemi arrivava a circa 350. I Bardi, dunque, erano sublimi musicisti, grandi poeti e sapienti detentori della conoscenza degli eventi passati.



I Vati erano coloro che praticavano principalmente la divinazione, ma anche musica (probabilmente pure a scopo divinatorio) e medicina. Leggevano quindi messaggi presenti in varie manifestazioni naturali e sogni. Utilizzavano anche elementi animali che potessero aiutarli ad ottenere visioni e risposte per conoscere eventi, esiti e cause ignoti. L'animale, poi sarebbe rimasto fortemente connesso a loro, divenendo guida e “totem”. Proprio in merito alla veggenza e alla divinazione Orazio afferma che i Druidi “erano esperti nella divinazione e in ogni altra scienza”.

Lo studioso Stephens Lawrence afferma che “il veggente, in uno stato di coscienza alterata, entrava in contatto con i morti o con gli Dèi, che, nel continuum spazio-temporale celtico, vivevano semplicemente in uno spazio parallelo (ctonio per i morti, empireo per gli Dèi, con i quali il contatto era possibile anche tramite l’osservazione degli astri) da cui era possibile vedere ciò che alla vista umana era precluso (pur essendo comunque già esistente, con una concezione del futuro simile ad una sorta di 'presente prossimo').



I Druidi erano coloro che praticavano la magia, amministravano la giustizia, insegnavano il sapere. Riguardo la magia, l'autore classico Plinio riporta che la Britannia era "incantata dalla magia e celebra i suoi culti con tale abbondanza di rituali da sembrare quasi la fonte delle usanze persiane". Infatti proprio tale luogo è ricco di siti sacri e sacerdotali antichi e vanta, oltre al tumulo più grande d'Europa (la Silbury Hill), il cerchio di pietre più grande al mondo!

Esso è situato ad Avebury.

Altra citazione interessante riguardo al fascino magico e sottile dei Druidi viene dell'autore classico Lucano, evidentemente intimorito dall'aura misteriosa del Bosco Sacro druidico:

"C’era un bosco sacro, (...) persino gli uccelli avevano paura di posarsi su quei rami e le fiere di sdraiarsi in quella selva; neppure il vento o la folgore che piombava dalle fosche nubi si abbattevano su di essa e le fronde degli alberi abbondanti cadevano da cupe sorgenti e le lugubri statue degli Dèi erano prive d’arte, ricavate rozzamente da tronchi intagliati (...). E si narrava che spesso muggivano per terremoti le profondità delle caverne, si risollevavano i tassi abbattuti e si vedevano bagliori nelle selve, senza che vi fossero incendi, e anche che grossi draghi striscianti si avvinghiavano ai tronchi. Le genti non si radunavano in quel luogo per celebrarvi il culto, ma lo avevano lasciato agli Dèi" (Bellum civile, III, 400)



L'apprendistato dell'aspirante Druido durava circa diciannove anni. Probabilmente ciò era necessario per diventare Druido “completo”.

Infatti è da notare che gli autori classici greci e romani fecero una divisione tra le classi druidiche molto netta, ma, come dice giustamente Devon Scott, studiosa e ricercatrice sui tempi antichi e sulla Tradizione Femminile, “le fonti celtiche non lo fanno, dal che si deduce che ci fosse almeno un insegnamento di base comune a tutti”. Infatti, se osserviamo le diverse funzioni delle classi druidiche, noteremo che sono assai simili, seppur in un contesto più particolarizzato.

In tutte e tre, ad esempio, c'è la magia: i Bardi con la loro arpa, i Vati con la divinazione e i Druidi, che più volte vengono nominati come potenti incantatori e manipolatori degli elementi naturali.

Sia i Bardi che i Vati si occupavano di musica e sia i Druidi che i Vati di medicina.

A mio parere non è necessaria nessuna particolare divisione. Tutti erano Druidi seppur di gradi e compiti differenti.

Uno, però, doveva essere il più saggio e potente di tutti: l'Arcidruido, il capo dell'Ordine, riconosciuto per le sue grandi capacità, conoscenze e saggezza acquisite. Druido, infatti, in forma celtica antica, si presenta come dru-wid-es, termine che designa uomini di grandissima sapienza.



Alcuni dicono che lo studio della filosofia ha avuto origini barbare. Giacché i Persiani avevano i loro Magi, i Babilonesi o gli Assiri i Caldei, gli Indiani i loro Gimnosofisti, mentre i Celti e i Galati avevano veggenti chiamati Druidi e Semnotheoi.
[Diogene Laerzio, Vite dei filosofi]


A voi [Druidi] solo è dato sapere la verità sugli Dèi e sulle divinità del cielo... Vostra dimora sono le macchie più riposte delle foreste più remote. Voi insegnate che le anime non cadono nelle silenti sedi dell'erebo o nei pallidi regni del sotterraneo Dite, ma che lo spirito passa a reggere altre membra in un altro mondo: la morte, se è vero ciò che insegnate, è il punto intermedio di una lunga esistenza.
[Lucano Pharsalia I]

Grande e talvolta pericolosa era l'Iniziazione per accedere alla Conoscenza Arcana...
Questi individui avevano conoscenza enorme in merito agli astri, alla cosmologia, alla geneologia e alla storia del popolo; alla filosofia, fisiologia, al diritto e alle altre leggi, come anche quelle di natura quotidiana.
Ogni Druido poteva decidere in cosa specializzarsi, o a cosa dedicarsi.
Poteva essere sacerdote, storico, ambasciatore, giudice, medico, poeta, musico od insegnante, anche per chi desiderava apprendere la Via.

Cesare ci riporta:
Vengono anche trattate ed insegnate ai giovani molte questioni sugli astri e sui loro movimenti, sulla grandezza del mondo e della terra, sulla natura, sull'essenza o sul potere degli Dèi”.



Devon Scott ci dice:
“Particolare rilevanza aveva il druida “portinaio”: la sua funzione, importantissima e di grande prestigio, era di concedere o rifiutare l'ingresso alle città. Essenziale era l'astronomo, che aveva il compito di compilare i calendari, misurando le fasi lunari e il moto apparente del Sole nella sfera celeste durante l'anno. Alcuni diventavano guerrieri e comandavano corpi scelti; i più saggi diventavano consiglieri dei re.


Al termine di un lunghissimo percorso preparatorio, il druida acquisiva la qualifica di 'amministratore del sacro', responsabile di ogni forma di sapere e di tutte le attività religiose ed intellettuali.”

I sapienti celti si riunivano in gruppi nei quali si celebravano riti segreti ed occulti.
Timogene d'Alessandria, vissuto nel I secolo a.C., ci riporta che “i Druidi, spiritualmente superiori e uniti in confraternite secondo il precetto pitagorico, si elevano con ricerche sulle questioni occulte e sublimi”.

Non si pensi però che il popolo non fosse coinvolto nelle pratiche spirituali, al contrario.

Cesare ci riporta che presso i Druidi si raccoglievano “per istruirsi un gran numero di giovani” e che essi erano “tenuti in grande considerazione”. Tra le pene più dure, infatti, c'era quella dell'esclusione da riti e convegni pubblici, “pena che presso i Galli è gravissima, giacché quelli che sono a questo modo banditi sono considerati empi e scellerati”.

Ma non essendo, quello che ascoltava, un pubblico di Iniziati ai Sacri Misteri (“politeismo spirituale sacerdotale”) il sapere veniva comunicato fino a certi livelli e con un codice di linguaggio comprensibile a tutti (“politeismo mitologico popolare”): “pensa da uomo saggio ma comunica nel linguaggio del popolo" William Butler Yeats.

Riguardo alla già accennata connessione dei Druidi con Pitagora trovo opportuno riportare una citazione dello studioso Rolando Dubini a riguardo. Citazione che ben s'addice anche a quella critica ringhiosa che si ostina a porre in dubbio ogni fonte pervenutaci riguardo l'Antico Tradizione non facendo altro che alimentare la confusione propria di questo Kali Yuga.

Un ulteriore elemento degno di studio è rappresentato da una circostanza di particolare significato, che ha sempre lasciato sconcertati i critici moderni, spesso vittime della sindrome della critica fine a se stessa, e di una incomprensibile tendenza riduzionistica, per la quale tutto ciò che scrivevano gli antichi era sempre sospettabile di invenzione (pregiudizio ingiustificato, tipico di chi vive in un'arida società tecnologica e mercificata, dove la prigione della realtà costrittiva fa vedere il passato attraverso le sbarre dei nostri limiti, chiusure e condizionamenti ideologici, morali, storici).

Nonostante le chiacchere infondate e le ipotesi prive di sostegno, che arbitrariamente negano nozioni comunemente accettate, nell'antichità la sapienza druidica veniva costantemente accostata all'insegnamento di Pitagora e alla sua scuola.

Clemente Alessandrino (Stromata I, XV, 70, 1), di Antiochia (ca. 330-395 d.C.), un grande storico romano, citando Alessandro, sostiene che Pitagora, di cui la tradizione ricorda i numerosi viaggi (anche a Massilia, l.odienra Marsiglia, colonia Greca nel sud della Gallia), dopo essere stato allievo di un Assiro, ebbe modo di perfezionarsi tra i Galati e i bramini.

"...I Druidi, uomini di intelletto elevato e uniti all'intima confraternita di Pitagora, erano immersi in indagini su cose segrete e sublimi, e senza curarsi degli affari umani, dichiaravano che le anime sono immortali".

Avrete quindi notato che il sapere era pressoché orale. Dico pressoché perché dalla storia del missionario cristiano S. Patrizio, che attuò la cristianizzazione in Irlanda, viene riportato l'evento del rogo di testi druidici.
Generalmente, comunque, la scrittura era praticata molto raramente. Tra i motivi di ciò vi era la prudenza, per far si che cose che dovevano essere segrete, essendo, quello druidico, un ordine di iniziati simile a quello pitagorico, rimanessero tali.

In più vi era il fatto che la scrittura veniva considerata anche come un qualcosa di immobile, che rammolliva la memoria e che non permetteva l'esistenza e la continuità fluida ed adattabile dell'Insegnamento; ovvero: in base alla persona vi era un codice di linguaggio o un modo di spiegare ed insegnare che doveva adattarsi al suo livello di coscienza/conoscenza e quindi di comprensione (come dovrebbe in effetti essere).




    Ora, dopo una necessaria un'infarinatura sull'organizzazione dei Druidi cercherò di arrivare al punto, ossia avvicinarci un po' all'antico pensiero e alla Teologia Druidica.

     Dunque, i Druidi insegnavano l'esistenza di una forza misteriosa che fluisce in tutte le cose, un'Anima Cosmica della quale anche gli umani sono parte ed espressione, in un'interdipendenza universale totale di e tra tutte le cose (e dunque al di fuori della limitante idea teistica antropocentrica che affetta buona parte dell'umanità).

Tale Mistero era chiamato OIW.
OIW è il Principio Vitale Primario, Onnipervadente ed Impersonale, l'Energia Originaria necessaria e sufficiente all'esistenza stessa, la Causa Prima.
OIW è l'intreccio di tutto, la rete che collega ogni elemento ed ogni essere dell’Universo, ed è equivalente al Wyrd germanico, la Rete che tutto attraversa e comprende in Sè.
OIW è tutto ciò che esiste e ciò che potrebbe esistere, tutte le possibilità. Nulla può esistere al di fuori di esso poiché OIW è Tutto.
Pur avendo "emanato" le Leggi Cosmiche, la Suprema Sorgente (che "'abita' l'immanifesto, l'Infinito, pur avendo esistenza anche nell'altro campo"1) ne è al di sopra.

La "dimora" di OIW è il Cerchio di Ceugant (Ceu "vuoto"; cant "cerchio"), uno dei tre Circoli d'esistenza del Druidismo, ovvero quello al di sopra di tutto. Dall'Opera "Il Vischio e la Quercia" di Riccardo Taraglio, riporto un'esauriente citazione a riguardo:
"... una sorta di Nirvana della tradizione buddista, indipentende da tutto ciò che esisteva, non essendo effetto di nessuna causa, né sottoposto ad alcuna Legge, né raggiungibile da nessuna ipotesi.
Il Ceugant era il Cerchio in cui esisteva l'OIW assoluto, inconoscibile dall'uomo perché svincolato da qualsiasi legge, da ogni sorta di ipotesi, congettura e comprensione. Il Ceugant era per autonomasia Aldilà di qualunque cosa concepibile dalla mente umana e per questo, appunto inconoscibile."

Dal libro di Brian Bates, "La via del Wyrd", troviamo la similitudine di pensiero dei cugini Germani:

Il Wyrd [...] è la costante creazione delle forze.
Il Wyrd è esso stesso il mutamento costante, come le stagioni; tuttavia, poiché è creato a ogni istante, è immutabile, come il centro di un quieto vortice.
Tutto ciò che noi possiamo vedere sono le increspature che danzano sulla superficie dell'acqua.
Non ci sono leggi.
Lo schema del Wyrd è come la venatura del legno o il flusso di un corso d'acqua; non si ripete mai esattamente nello stesso modo.
Ma i fili del Wyrd attraversano tutte le cose e noi possiamo schiuderci alla comprensione dei suoi schemi osservando le increspature quando il Wyrd ci passa accanto.
Niente può accadere senza il Wyrd, perché è presente in tutto, ma il Wyrd non fa accadere le cose. Il Wyrd è creato a ogni istante e perciò è l'accadimento.”

Come potrebbe quindi il Wyrd o OIW, considerando quanto detto sopra, “governare” o “dare” o “fare” come invece fa “l'unico Dio” (qui parliamo di un'entità) del monoteismo??
Non vi era il concetto né la credenza di un unico Dio maschile barbuto che tutto decide, giudica, premia e punisce. Tale essere è al più un cappriccioso ed iroso dio di fuoco (vedi Havgan nel mio articolo dedicato agli Alberi) sotto mentite spoglie di dolcezza, bellezza e amore. Un Dio che elargirebbe condanne eterne verso chi non si è comportato bene o non ha abbracciato il suo reich.
Infatti la prospettiva di una condizione di eterna sofferenza (l'inferno) senza possibilità di riscatto o miglioramento è, oltre che obrobriosa, assai innaturale, dato che la sofferenza serve proprio per imparare ed evolvere.

Ma torniamo all'antico pensiero.

Il Supremo Principio o OIW, considerato irraggiungibile dalla comprensione umana, si manifestava secondo triplice energia, ovvero: SKIANT (Conoscenza-Saggezza), NERZ (Forza-Volontà) e KARANTEZ (Amore-Creatività) e dagli Dèi legati a questi attributi era possibile avvicinarvisi, nonché attraverso la Grande Madre, fusa con Karantez, stessa energia che caratterizza la Divinità Tara Verde nella tradizione Buddista indiana e tibetana.

Interessante è la similitudine con la tripartizione della società celtica tra classe sacerdotale (Skiant), guerriera (Nerz) e artigiana (Karantez). D'altra parte, però, tale tripartizione era classica nell'antichità. Credo quindi che, come afferma Stephens Lawrence, “a partire da questo presunto “informare di sé” che l’Oiw compie su tutti i livelli della società, la penetrazione, più o meno consapevole, della “filosofia della forza” si attua, nel concreto, in ogni aspetto della vita celtica, attraverso un intensa opera di sviluppo di corollari che si diramano dalla concezione di base fino a formare un sistema di pensiero omninglobante.”

Esattamente: il pensiero era olistico ed animistico.
E tale concezione veniva espressa e riprodotta anche nell'affascinante arte propria dei Celti e dei popoli germanici e scandinavi. Mi riferisco a quegli insiemi fluidi e armonici di linee intrecciate chiamati “nodi celtici”.
Riguardo al loro significato non possiamo dirci certi ma, conoscendo sufficientemente la mente antica celtica e d'altri popoli arcaici possiamo permetterci di dire che tali forme si possono ben ricollegare alla concezione che i nostri antenati avevano del mondo, ovvero, come accennato sopra, alla visione del cosmo come di un grande arazzo, un insieme perfetto di fibre in un'interconnessione totale, e dunque ogni cosa esisteva ed aveva un suo corso in qualità e per via di altre..

Così nel microcosmo come nel macrocosmo.

Infatti la tessitura, propria delle donne, era considerata sacra ed espressione terrena dell'incessante lavoro delle tre "Sorelle del Wyrd" (ossia le Norne, corrispondenti alle Parche romane e alle Moire greche), coloro che tessono ed intrecciano il destino degli esseri viventi.
Per quanto riguarda gli uomini, i fabbri riproducevano in meravigliosi gioielli questa concezione.
Il significato dei nodi celtici (non si limitano solo ai celti ma, come ho detto, anche ai sassoni ed ad altri popoli germanici e scandinavi) è profondo ed affascinante...
Rappresentano anche l'intreccio vegetale e degli elementi naturali come anche il destino degli uomini, lo Schema della nostra vita in parte determinato ed in parte determinabile, ovvero il karma.
Questa visione dell'esistenza permette di fare una meditazione attiva che può modificare la propria vita su vari livelli.

Un ulteriore elemento artistico e simbolico che ci viene in mente quando pensiamo ai Celti è quello della “croce celtica”, la quale indica - oltre alle quattro direzioni -, le quattro stagioni, ossia i solstizi e gli equinozi, il tutto abbracciato da un cerchio per simboleggiare il concetto di circolarità e ciclicità, e ciò è assai simile alla Ruota di Medicina dei nativi nord-americani e al simbolo della spirale.





Riporto delle righe dal libro di Riccardo Taraglio "IL VISCHIO E LA QUERCIA":

La croce celtica porta in sé il concetto di 'circolarità delle relazioni' che implica una particolare filosofia di vita e visione del mondo. Nascita e morte diventano tutt'uno con la creazione e smette di esserci una separazione netta fra il Buio e la Luce, il Bene ed il Male, il Giusto e l'Errato.”

L'Autore comunica che gli stessi Druidi non contemplavano il concetto di “Creazione” come di un momento preciso nel quale ogni cosa ebbe inizio, ma concepivano che è tutto costante creazione in atto.
E nel Tutto gli opposti coesistono…

Il concetto del Tutto lo si ritrova nella tavola di smeraldo di Ermete Trismegisto: “Tutto è Uno e Uno è Tutto”. Ovvero il concetto macrocosmo/microcosmo. Il microcosmo non è altro che un riflesso o proporzione del macrocosmo. Coesistono, i microcosmi compongono il macrocosmo...

Ermes o Ermete Trismegisto, così si "presenta":
« È vero senza menzogna, certo e verissimo.
Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della cosa una.
E poiché tutte le cose sono e provengono da una, per la mediazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento. Il Sole è suo padre, la Luna è sua madre, il Vento l'ha portata nel suo grembo, la Terra è la sua nutrice. Il generatore di tutto, il fine di tutto il mondo è qui. La sua forza o potenza è intera se essa è convertita in terra. Separerai la Terra dal Fuoco, il sottile dallo spesso dolcemente e con grande industria. Sale dalla Terra al Cielo e nuovamente discende in Terra e riceve la forza delle cose superiori e inferiori. Con questo mezzo avrai la gloria di tutto il mondo e per mezzo di ciò l'oscurità fuggirà da te. È la forza forte di ogni forza: perché vincerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida. […] È perciò che sono stato chiamato Ermete Trismegisto, avendo le tre parti della filosofia di tutto il mondo.
Ciò che ho detto dell'operazione del Sole è compiuto e terminato. »

Per tentare di comprendere più a fondo tale citazione consiglio vivamente il libro di Davide Melzi, edito dalle Edizioni delle Terra di Mezzo: “Poemetto Alchemico”.

Tutte le affermazioni seguenti non sono altro che la riaffermazione del medesimo concetto di base...

1. TUTTO E' SPIRITO, LO SPIRITO E' TUTTO.
Affermazione dello Spirito, opposto della relatività sempre mutevole della Materia.

2. CIO' CHE E' IN ALTO E' COME CIO' CHE E' IN BASSO.
 Quindi il giorno e la notte, la luce e le tenebre, la veglia e il sonno (gli opposti) danno un'idea pratica dell'analogia con i movimenti del Cosmo.

3. TUTTO VIBRA, NIENTE E' INERTE.
 E' nota la conoscenza dei "campi di forma" e della radioestesia da parte dei sacerdoti di antiche civiltà, come quella egiziana ad esempio.
Oggi, la scienza moderna non può fare a meno di avvalorare questa legge. Infatti, i fisici ammettono che l'Universo forma un tutto e che, indipendentemente da concetti come velocità, tempo e spazio, l'insieme è solidale con la più piccola particella che lo costituisce... da un libro che spiega queste cose: "Pertanto la più piccola azione o trasformazione che ha rapporto con uno qualsiasi dei suoi punti può avere degli effetti su un altro, anche lontano e senza apparenti correlazioni.". Ed ecco che ritorna il concetto di interconnessione del Wyrd e dell'OIW.

4. TUTTO E' DOPPIO, TUTTO HA DUE POLI, TUTTO HA DUE FACCE.
 "La somma dei poli positivi costituisce la Vita, quella dei poli negativi è il Nulla ".
Il doppio o dualità non è che un frammento transitorio di ciò che è Unico.

5. TUTTO INSPIRA ED ESPIRA, TUTTO SALE E SCENDE, TUTTO SI EQUILIBRA MEDIANTE OSCILLAZIONI CHE SI COMPENSANO.

6. OGNI CAUSA HA UN EFFETTO, OGNI EFFETTO HA UNA CAUSA.
 E' il Karma (equivalente al Kroui celtico), la legge delle conseguenze, nota anche alla scienza sperimentale.

7. TUTTO HA UN PRINCIPIO MASCHILE E FEMMINILE.
Legge naturale. Riproposta della dualità (apparente)...



C'è ancora un aspetto da trattare prima di giungere alla fine di questo articolo: le Divintà.
Premetto sin da ora che i Celti non erano Politesiti come si è abituati a considerare. Il loro pensiero e sentore del mondo era da Monista, per via della consapevolezza dell'Uno nel Tutto e che Tutto è Uno, della Natura come incarnazione Divina.
Un'altro termine utilizzabile per definire l'approccio degli Antenati con gli Splendenti è Politeismo Panteistico, ovvero riconoscere la Divinità nei Molti per giungere all'Uno, e dunque tornare all'Unità tramite la Sublimazione dell'Essere attraverso gli Dèi e la Madre degli esseri.

I nomi che conosciamo del ricco pantheon celtico arriverebbero a circa 374. La maggioranza, però, erano copie (nelle quali vanno a volte riconosciute le diverse manifestazioni della Dea Madre, attenzione) di quelle che parebbero circa 60 divinità distinte. Ciò aveva cause dovute all'“ambito regionale” e alle varietà linguistiche o dialettiche.
In quest'ambito come in altri (vedi il mio scritto sul mondo feerico) c'è varia confusione. E ben dimostrato e chiaro che gli Dèi, presso i Celti, non erano soggetti a tempo, forma fisica e spazio, e per questo Immortali ed eterni.
In Essi, varie volte, si impersonificavano forze naturali (soprattutto nella mentalità popolare); ciò, però, non vuol dire che fossero esseri nati dalla fervida immaginazione umana con il fine di dare una spiegazione alle manifestazioni naturali come molti benpensanti moderni e “realizzati” amano affermare; e ancora, gli Immortali non erano “simboli” o “metafore” puramente parabolistiche, come dicono vari intellettuali esoteristi o appassionati (a cosa servono caterbe di libri e nozioni se poi non si è in grado di muovere l'intuito più in là dell'ufficiale e dell'affermato?).
Gli Splendenti erano anche questo, ma solo in casi nei quali erano necessarie le Loro figure per esprimere alcuni concetti profondi che avevano bisogno di essere personificati da esseri divini “conosciuti” e “familiari”, per essere più facilmente assimilati.

Gli Dèi sono dunque entità, identità ed incarnazioni viventi di Potenze Naturali di vario genere.

C'è poi chi arriva ad ipotizzare una bizzarra specie di monoteismo celtico affermando che i vari Dèi erano manifestazioni di un unico dio, frase che, a mio avviso, può essere accettata solo in qualità decisamente ermetica. Infatti, qui si ricade nelle "ipotesi infondate e prive di sostegno".

Il fatto è che, ragionando e meditando su tutta la documentazione storica e mitologica dei Celti, risulta chiaro che il druidismo rimaneva assolutamente un politeismo panteista, nel quale “la distinzione era piuttosto, come detto, tra un politeismo mitologico popolare ed un politeismo spirituale sacerdotale.” *

Nella “scala gerarchica” delle Potenze vi sono, come scritto sopra, vari gradi, livelli e "compiti".
Prima, però, due parole sulla figura del semidio.
Secondo alcune culture, il semidio è un essere generato (in casi più unici che rari) da un'unione tra un mortale e una divinità (che non sarebbe da accostare ai comuni e umani rapporti sentimentali, trattandosi di vicende incomprensibili ed al di duori del quotidiano e delle considerazioni formulate dall'io pensante e storico) o da una grande iniziazione posta direttamente da un Immortale all'individuo ed implicante una grande trasformazione su tutti i piani. Talvolta il confine tra le due potrebbe anche essere sottile, o nullo.
Il semidio ha caratteristiche sovrumane che lo possono portare ad essere confuso, dalla gente normale, con un dio vero e proprio. Due famosi esempi di tale tipo di essere sono Hercules (tradizione greca) e Cú Chulainn (tradizione celtico-irlandese).
Nel caso dell'unione tra un esponente della razza elfica (a volte confusa con gli Dèi) ed un mortale, invece, l'ibrido avrebbe già più possibilità di confondersi e celare le sue qualità superiori tra la moltitudine umana, pur essendo tendenzialmente di grande bellezza.

Di seguito abbiamo la razza elfica, assai saggia ed evoluta, assieme a varie creature parte di quella tipologia di esseri appartenenti alla dimensione incantata. A volte sono essi stessi ad essere considerati come semidèi.

Andando ancor più nel "sottile" arriviamo agli Elementali, o Antiche Armonie, gli Spiriti di Natura che regolano tutte le qualità necessarie al buon funzionamento dell'ecostistema. Tali esseri cooperano con gli Dèi al punto di essere confusi con essi (in effetti ci sono varie similitudini) e possono essere custodi di tesori ed insegnamenti assai preziosi. Possono presiedere infatti ad alcuni stati esistenziali, qualità e conoscenze.
Quando però si desidera rivolgersi ad un'Entità detenente arti e conoscenze, presiedente a qualità divine e a condizioni d'esistenza necessarie e parte dell'esistenza armonica cosmica, e, tra l'altro, presiedente a grandi luoghi, come ampie isole, penisole o continenti, essendone co-creatrice, dai primordi, allora identifichiamo un esponente della stirpe divina primaria e suprema.



Ed ecco quindi che entrano in scena gli Dèi, intesi (per essere chiaro) come quelle Entità Divine più evolute e potenti, i Supremi Splendenti. Infatti lo spirito di una cascata (per quanto saggio e potente) non è dello stesso grado di una divinità “della Luce” che presiede a tutta la Conoscenza, alle “arti” (gli artisti erano chiamati aes dana, "uomini della Dea", per la loro particolare connessione con Karantez, Amore-Creatività) e alla Magia, oltre che ad un intero continente, e che è al di là di una sola e precisa classificazione che la collochi in una particolare qualità. E' questo il caso del dio tra i più importanti per gli antichi Celti: Lugh.

Il nome del Luminoso si riconnette direttamente all'Illuminazione, ed è, come accennato, al di sopra di qualsiasi classificazione pur detenendo in sé tutte le Arti e le Scienze. Con la sua luminosa Lancia della Vittoria è simbolo di distruzione dell'Ignoranza, ed il fatto che abbia maneggiato anche la fiammeggiante Spada della Luce né è un rafforzativo. Riccardo Taraglio ci dice che "Lugh è si il Dio della Luce e importantissima figura che si staglia fra le genti della Dea Dana, i Tuatha Dé Danann, ma è anche il simbolo della parte più alta dell'essere umano, la Scintilla del Grande Fuoco della Vita che si manifesta come Coscienza nell'uomo, quella che la Psicosintesi chiama il Sé Transpersonale, la Coscienza Umana Realizzata."
Capiamo dunque perché questo Dio, possedente tutte le capacità degli altri Dèi riunite in sé, abbia più di cinquecento iscrizioni votive a Lui dedicate in tutta Europa, oltre che qualche centinaio di monumenti e ventisette località europee i cui nomi derivano dal Suo, come Lione (Lugdunum, "fortezza di Lug"), Lugo in Spagna, Londra (Lugdunum, poi Londinium), Lugano in Italia e molti altri.


Come dicevo, quindi, vi sono Entità di vari gradi e livelli, appartenenti e diverse sfere. Entità legate alla fertilità, all'Amore, alla Dissoluzione e all'Oltretomba, ecc, che presiedono ai più grandi segreti dell'Universo e possono talvolta aiutare l'uomo ad arrivarvi.



Qui, però ci avviciniamo all'Entità Suprema e trascendente (ultima e prima manifestazione di OIW, attraverso Karantez) che generò tutte le stirpi esistenti: Dèi, elementali, elfi, uomini ecc., Colèi che dà la Vita: la Grande Dea Madre.



Prima dei Celti, il culto di cui rimane più traccia nella spiritualità delle genti del periodo chiamato “neolitico” è il culto della Grande Madre. Questo si spinge dall'Egitto alla Scandinavia, per quanto riguarda l'Occidente, ma ne troviamo abbondanti tracce anche in medioriente e in altre parti del mondo.

Sive/Dana/Keridwen è un'Entità Trascendente e mervagliosa. E' completa in sè stessa.
E' la ginandrica Madre di tutti gli Dèi, delle Entità Sottili, delle razze elfiche, degli animali, degli uomini e della Terra stessa nella quale Ella si rispecchia.
Nel libro Il linguaggio della dea di Marija Gimbutas ci pervengono queste limpide parole:

"La dea in tutte le sue manifestazioni era il simbolo dell'unità di ogni vita nella natura. Il suo potere risiedeva nell'acqua e nella pietra, nella tomba e nella grotta, negli animali e negli uccelli, nei serpenti e nei pesci, nelle colline, negli alberi e nei fiori. Da questo deriva la concezione olistica e mitopoietica della sacralità e del mistero di tutto ciò che è sulla terra".

La Signora d'Armonia si manifesta, tra i vari modi, anche in Triplice aspetto, seguendo la stessa legge dell'OIW (Skiant-Nerz-Karantez). Infatti, attraverso messaggi provenienti da varie culture, comprendiamo che attraverso Lei si può giungere all'Illuminazione, ossia la Realizzazione Totale mediante la catalisi con la Sua energia.
Uno dei suoi innumerevoli nomi è appunto Ceridwen, ossia “porta verso il Divino” .

Arrivare a svelare la Dea (vedi "la Dea velata"), però, è un cammino molto, molto intenso ed è sempre bene puntualizzare che mai potremo arrivare a comprendere veramente tali realtà tramite scritti e parole, ma bensì mettendosi alla ricerca di esse... nel frattempo, quindi, dovremmo accettare il Grande Mistero, riconoscendo che queste cose appartengono sicuramente di più al piano del Cuore...


"Gli Dèi sono l'oggetto della rappresentazione mitica in ciò che di loro si può dire e in ciò che è ineffabile, in ciò che appare e in ciò che non appare, in ciò che è chiaro e in ciò che è celato.

In questo modo si rappresenta anche la bontà degli Dèi giacchè essi resero comuni a tutti i beni sensibili e riservarono quelli spirituali solo ai sapienti; così i miti annunziano a tutti l'esistenza degli Dèi, ma dicono chi essi siano e quale natura abbiano soltanto a chi è in grado di intenderlo.

Inoltre, i miti rappresentano l'opera degli Dèi.

Veramente è lecito dire che anche il cosmo è un mito poichè in esso appaiono corpi e cose, mentre anima e spirito restano celati.

E oltre a queste considerazioni, il voler insegnare a tutti la verità sugli Dèi produce negli stolti il dispregio - dacché essi non sono in grado di intenderla - e presso i capaci indifferenza.

Invece velare il vero con miti non permette che quelli spregino, e questi costringe a filosofare".


Saturnino Salustio Secondo
Sugli Dèi e il Cosmo
IV sec.
---

 

 Quel che alla fine di questo articolo vorrei puntualizzare è come la mente e il modo d'essere umani siano cambiati e degenerati sempre più particolarmente con l'avvento del cattolicesimo, o più generalmente del monoteismo, e successivamente della scienza moderna.
La nuova religione monoteista oggi dominante (e non più così tanto per fortuna) professa la superiorità dell’uomo sulla Natura, l'antropocentrismo, come detto in scritti precedenti. Il tremendo messaggio (mi riferisco al senso e non riporto letteralmente) scaturisce dalla Bibbia: "Assoggettate la Natura! Poiché è stata creata da Dio per l'uomo"; la Madre Terra sarebbe quindi uno strumento...
E’ tremendamente assurdo, folle, stupido e quasi ironico, oltre che profondamente triste poiché questo pensiero ha contribuito enormemente a portare il Pianeta allo stato attuale...
Ma in fondo, se si capisce la Natura perversa del Monotesimo, quale negatore della molteplicità (presente in ogni genere di esistenza) Divina e sostitutore della Fede al valore dell'esperienza e della sperimentazione diretta, non c'è molto di cui stupirsi circa i suoi risultati.

Poi, infatti, avvicinandosi ai tempi odierni, si fece strada qualcosa di nuovo, un'ulteriore... “diavoleria”.
Quella che era una dottrina in particolar modo d’ordine esoterico con primario obiettivo di arricchire la Conoscenza, Sophia, in senso profondo, comprendendo sia l’aspetto materiale che spirituale per arrivare intendere la completezza, degenerò arrivando ad essere uno studio e una visione della realtà erronea perché puramente materialista e settoriale, ovvero limitata e ottusa. Quella visione che oggi viene chiamata “scienza” (da “Conoscenza”): un atteggiamento dottrinale ed empiricamente limitato che professa l’esistenza della sola materia (anche se il concetto di Materia racchiude una sua relatività), cercando d'arrestare ogni impulso evolutivo che aneli ad oltrepassare sempre più i limiti della condizione umana e della nostra sintonizzazione prevalente con essa in questo piano, per arrivare a conoscere l’'immateriale', il quale si cela 'dietro' la materia e la influenza…

Proprio come anima e corpo, che son però strettamente connessi, essendo uno espressione dell'altra ("Ciò che sta in alto è come ciò che sta in basso").

Il motivo principale dell'avvento di tali ideologie e modi di essere squilibrati  è dovuto al fatto che, con la progressiva scomparsa di una cultura che concepiva l’esistenza in modo animistico e olistico, si arrivò all’assurda frattura tra “Sacro e Profano (‘pro-fanum’ – davanti al tempio)”, alla recisione (nella mente degli umani s’intende..) dell’Intreccio Divino nel quale Tutto era collegato. “Nella natura vivente non succede nulla che non sia in rapporto a tutto l’insieme”, Goethe.

Ebbene, gli umani ci sono in qualche modo riusciti a creare tale frattura, nel corso della loro esistenza: la maggioranza di essi, infatti, è oggi praticamente 'estranea' di fronte alle realtà superiori...

Ad ogni modo credo si stia facendo strada una nuova coscienza, poco alla volta, che porterà l'uomo, in parte per 'obbligo', in parte per Risveglio, ad abbracciare di nuovo l'amore e l'armonia con la Natura e la Dea propria delle società primigenie, delle quali, generalmente, non si ha memoria...





Per l'attuazione di questo testo ho trovato appoggio nel libro di Devon Scott “Il Cerchio di Fuoco”, nell'articolo di *Stephens Lawrence “L'Oiw celtico: forza e debolezza di un popolo”, nella terza parte dell'articolo di Rolando Dubini “I Celti, alle radici dell'Europa, e dell'Italia”, nel libro di Riccardo Taraglio “Il Vischio e la Quercia”(1) e nei libri “La Sapienza di Avalon” e “La via del Wyrd” di Brian Bates.